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Anche io al cinema in questo freddissimo weekend, scegliendo questo film.
Non fosse bastata la tripletta formata da Tommy Lee Jones, Charlize Theron e Susan Sarandon, c'era il regista - Paul Haggis - ad attirarmi in sala, quasi sulla fiducia. Perchè (ho già avuto modo di dirlo più volte) credo che il suo "Crash" del 2004 - insieme ad "Inside Man" di Spike Lee - siano i due più bei film che ho visto negli ultimi cinque anni.
"Nella valle di Elah" non mi ha emozionato come "Crash". Non è a quel livello, e questo lo chiarisco da subito. Ma è comunque un bel film. Algido nei colori, asciutto nella trama. Tommy Lee Jones è magistrale; la Theron - film dopo film - è sempre più brava (anche se continua ad "imbruttirsi" per dimostrarlo); la Sarandon ha una piccola parte, ma da fuoriclasse.
E il regista LI USA al massimo del loro talento.
Una base militare nel midwest, con la classica cittadina di provincia che le è cresciuta attorno. Giovani soldati appena rientrati dalla guerra in Iraq e da quelle crudeltà che gli Usa ammettono a fatica. Un padre che - da veterano - crede ancora nell'onore militare. Un figlio che sembra scomparso. Una madre che non accetta una nuova perdita. Un'indagine durante la quale si sovrappongono differenti verità, quelle civili e quelle militari. La guerra intesa come errore, che smaschera ogni aspirazione ad essere "esportatori" di democrazia. I segni di uno squilibrio mentale di chi viene mandato giovanissimo a certi orrori e che - quando torna, da reduce - ne rimane segnato per sempre, irriconoscibile anche agli occhi di un genitore. La bandiera americana issata al contrario, come un resa, per urlare: "Abbiamo bisogno di aiuto".
Sarebbe sbagliato considerare "Nella valle di Elah" come un semplice film di denuncia (nel nel grande schermo si trasforma troppo spesso e troppo facilmente in retorica). E nemmeno come un film/inchiesta. C'è un omicidio senza senso, avvenuto in suolo americano; c'è un'accusa molto esplicita all'attuale amministrazione che governa il Paese, d'accordo. Ma è soprattutto un'indagine nei luoghi della mente, diretta con grande sensibilità e soprattutto con grande sobrietà.
Lo scontro biblico tra Davide e Golia (avvenuto proprio nella valle di Elah, da cui il titolo) è la metafora su cui Haggis costruisce questo percorso introspettivo teso alla ricerca della verità, anche se significa ammettere le proprie sconfitte. Che non sono belliche, ma umane.
1 commento:
mi sa che vado a vederlo......
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