lunedì 17 dicembre 2007

Nella valle di Elah.


Anche io al cinema in questo freddissimo weekend, scegliendo questo film.
Non fosse bastata la tripletta formata da Tommy Lee Jones, Charlize Theron e Susan Sarandon, c'era il regista - Paul Haggis - ad attirarmi in sala, quasi sulla fiducia. Perchè (ho già avuto modo di dirlo più volte) credo che il suo "Crash" del 2004 - insieme ad "Inside Man" di Spike Lee - siano i due più bei film che ho visto negli ultimi cinque anni.

"Nella valle di Elah" non mi ha emozionato come "Crash". Non è a quel livello, e questo lo chiarisco da subito. Ma è comunque un bel film. Algido nei colori, asciutto nella trama. Tommy Lee Jones è magistrale; la Theron - film dopo film - è sempre più brava (anche se continua ad "imbruttirsi" per dimostrarlo); la Sarandon ha una piccola parte, ma da fuoriclasse.
E il regista LI USA al massimo del loro talento.

Una base militare nel midwest, con la classica cittadina di provincia che le è cresciuta attorno. Giovani soldati appena rientrati dalla guerra in Iraq e da quelle crudeltà che gli Usa ammettono a fatica. Un padre che - da veterano - crede ancora nell'onore militare. Un figlio che sembra scomparso. Una madre che non accetta una nuova perdita. Un'indagine durante la quale si sovrappongono differenti verità, quelle civili e quelle militari. La guerra intesa come errore, che smaschera ogni aspirazione ad essere "esportatori" di democrazia. I segni di uno squilibrio mentale di chi viene mandato giovanissimo a certi orrori e che - quando torna, da reduce - ne rimane segnato per sempre, irriconoscibile anche agli occhi di un genitore. La bandiera americana issata al contrario, come un resa, per urlare: "Abbiamo bisogno di aiuto".

Sarebbe sbagliato considerare "Nella valle di Elah" come un semplice film di denuncia (nel nel grande schermo si trasforma troppo spesso e troppo facilmente in retorica). E nemmeno come un film/inchiesta. C'è un omicidio senza senso, avvenuto in suolo americano; c'è un'accusa molto esplicita all'attuale amministrazione che governa il Paese, d'accordo. Ma è soprattutto un'indagine nei luoghi della mente, diretta con grande sensibilità e soprattutto con grande sobrietà.
Lo scontro biblico tra Davide e Golia (avvenuto proprio nella valle di Elah, da cui il titolo) è la metafora su cui Haggis costruisce questo percorso introspettivo teso alla ricerca della verità, anche se significa ammettere le proprie sconfitte. Che non sono belliche, ma umane.

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi sa che vado a vederlo......