giovedì 24 gennaio 2008

lunedì 21 gennaio 2008

Co[z]e di Mu[z]i*k*a...


Parto da Timbaland. Che il suo ultimo "Timbaland presents: Shock Value" è un gran bel disco. Però, però. Non c'è dubbio che lui - come artista/produttore - sia un vero fuoriclasse, che (personalmente) ho sempre trovato migliore di altri colleghi molto alla moda, come i Neptunes o Kanye West. Ma questo nuovo album è TROPPO paraculo. In un momento in cui rap e R&B stanno accusando un po' di "stanchezza" anche negli Usa, Timbaland se ne esce con un prodotto interamente POP. Siamo d'accordo: le sue strutture caratteristiche, le sue batterie inconfondibili, i suoi suonini sincopati. La firma è quella, per carità. Ma Nelly Furtado, Justin Timberlake, Keri Hilson, quando non addirittura Elton John (o anche lo stesso bel singolo "Apologize" con il feat. di One Republic) per un intero album dove il rap sembra essersene andato in vacanza... beh, sa TROPPO di mossa commerciale, di lavoro pensato e sviluppato SOLO per entrare in classifica, essere passato alla radio, vendere!!! Non che altri illustri produttori o mc's (vedi Pharell o lo stesso Snoop Dogg con il nuovo singolo, peraltro bruttino) non abbiano fatto la stessa mossa, virando al cantato, ma questo alla fin fine non giustifica nè gli uni nè gli altri. Ridateci potenti pezzi rap, per favore. O ridateci struggenti ballads soul/R&B per fare l'amore. Che di artisti pop - anche bravi, con tutto il rispetto per il genere - ce ne abbiamo già una marea!!!

Passo ai Duran Duran, che pochi giorni fa ascoltavo in diretta una loro intervista, ospiti a Radio Deejay da Linus e Nicola Savino. Il collegamento è rappresentato proprio da Timbaland e Justin Timberlake, che (per l'appunto) hanno prodotto il loro nuovo album "Red Carpet Massacre". Negli anni '80, se dovevo schierarmi nella infinita "guerra" tra i fans dei Duran Duran o quelli degli Spandau Ballet, ero decisamente un duraniano!!! Ma questo ora non c'entra niente, in effetti. Loro hanno fatto un grande ritorno nel 2004 con "Astronaut", dal suono tipicamente anni '80. Ora invece cercano sounds e beats più modaioli, che strizzino l'occhio alla black commerciale. E chiamano Timbaland e Timberlake. Però proprio dalla loro bocca sentivo che non hanno propriamente lavorato INSIEME, salvo essersi incontrati un paio di volte a New York. Il grosso del lavoro è stato svolto dalla Premiata Coppia d'Oro negli Usa, e dai Durans in Inghilterra. Come Giorgia e Mina che fanno un pezzo insieme senza nemmeno mai incontrarsi, per dire. Potenza della tecnologia, d'accordo. Ma queste sono quasi sempre mosse della casa discografica, che "combina" questi incontri nello stesso modo con cui fa cantare Nelly Furtado in un pezzo degli Zero Assoluto. Solo business, zero amicizia. Collaborazioni ragionate a tavolino. Sessions a distanza, senza nemmeno sapere chi ci sia dall'altra parte dell'Oceano.

Passo a Lorenzo Cherubini a.k.a. Jovanotti. Che venerdi scorso è uscito il suo nuovo "Safari" e ho regalato il CD a Teresa, che lo adora. Ovviamente già che c'ero me lo sono ascoltato pure io, e non è affatto male. Ci sono un paio di cose che mi hanno addirittura STUPITO. Il mio rapporto con il Jova è - da sempre - di amore ed odio. Come nel famoso Massacratore Numero Nove (quello che volendo trovate dentro al secondo Volume del REMIX). Dal vivo è potentissimo, energia pura sprigionata. I suoi musicisti, sia in studio che sul palco, sono sempre da far paura: band multietniche che - aldilà di collaborazioni storiche come quella con l'ottimo Saturnino - hanno SEMPRE delle sezioni fiati e delle sezioni ritmiche impressionanti. Su tante altre cose è invece un paraculo anche lui. E' uno che ha saputo cavalcare molto bene le mode, anche quando c'era da essere impegnati. Ma a sua "discolpa" gli ho sempre concesso una sorta di ONESTA' in questo, nel senso che l'ha sempre fatto in modo molto spudorato, dichiarato. Vabbè... sarebbe lungo da spiegare, magari un'altra volta approfondisco 'sto concetto. Ora volevo soffermarmi sulle SUE collaborazioni, che - collegandomi al discorso di prima - sono invece frutto di frequentazione VERE, di amicizie coltivate, di incontri che si trasformano in sinergie artistiche. E questo mi piace. Perchè i rapporti di Lorenzo sono sinceri, mai calcolati. Sono collaborazioni fatte di sudore e ore passate insieme chiusi in studio. E un pezzo come "Fango", nel quale tutti fanno giustamente notare la (notevole) partecipazione di Ben Harper alle chitarre, annovera anche un grande come Michael Franti tra gli autori. Ora, lo so che sono di parte perchè AMO enormemente Michael Franti Spearhead, ma trovarlo dentro ad un disco del Cherubini nazionale proprio non me l'aspettavo (anche nella bellissima versione 2008 di "Mani libere" che chiude l'album, dove canta e suona); ci fosse un solo comunicato stampa e/o un solo giornalista che ne abbia parlato in questi giorni di promozione, dove Jovanotti è finito praticamente ovunque (tv, radio, giornali, etc.). Nel disco - inoltre - anche Giuliano dei Negramaro, Sergio Mendes, Sly and Robbie. Notevole, ripeto.

Passo ad altro rap, anche se è uno "strumento" che Lorenzo usa sempre meno. Ora chiudo con Mondo Marcio e Fabri Fibra, le due ultime chimere di Virgin e Universal. O meglio: le mancate galline dalle uova d'oro. Stavo aspettando che passasse un po' di tempo dal giorno di pubblicazione dei loro ultimi rispettivi album, per riaffermare una teoria che già sostengo da parecchio tempo. Il successo di un pezzo ("Dentro alla scatola" e "Applausi per Fibra"), l'ovvio traino di un intero album ("Solo un uomo" per il primo, "Tradimento" per il secondo), l'attenzione dei media. I nuovi fenomeni del rap italiano, rappresentanti del disagio giovanile della nazione. Bleah. E poi dicono che si montano la testa, seee. Più che altro i loro rispettivi managments, che chissà cosa si credevano... quindi ecco la prova del nove, quella del disco successivo: a distanza di almeno un paio di mesi dalla loro uscita, possiamo dire che sia "Generazione X" che "Bugiardo" non se li è cagati quasi nessuno!!! Non parlo di chi è strictly hip hop oriented, ma della massa, la stessa che aveva decretato il loro successo di una stagione. Perchè? Perchè l'Italia è capace di sostenere il successo di un pezzo rap, ma NON di sostenere un artista rap. E "Non ve n'è", come avrebbero detto i Sangue Misto quindici anni fa. La storia è questa, cari discografici. Che - a proposito - magari, già che ci siete, andate pure a fare in culo, se mi perdonate il francesismo.

mercoledì 16 gennaio 2008

Love is in the Air?


Mac Book Air.
Tredici pollici?
Senza lettore cd/dvd?
Senza porta ethernet?
Anche da MacUser, totalmente INUTILE - per me - ora.
Piuttosto (se mai arriverà) butto via i soldi per un i-Phone.
Gran bel Keynote, bah...

lunedì 14 gennaio 2008

Vivere da soli.


Il fotogramma qui sopra è tratto dalla scena della tazza-rock (che quando ti ci siedi si collega al juke box) del divertente cult-(trash)-movie anni '80 di Marco Risi "Vado a vivere da solo". Sin dall'inizio, il protagonista Jerry Calà/Giacomino stabiliva il concetto ai suoi genitori: "E sia chiaro: l'affitto... me lo pagate voi!!!"

Riflessioni che nascono intorno a tavoli di pub, o a certe cene piene di gente. Amici, conoscenti, amici di amici, colleghi anticonformisti, intrattenitori, artisti affermati, maledetti o alternativi, figli di papà, studenti, professionisti. Che "vivono da soli", credendosi Uomini per questo. Un'intera generazione di Peter Pan convinta di essere INDIPENDENTE. Si, certo come no. E' un concetto, lo stesso di Jerry Calà. Vedere sopra.

Quelli che "Noi spendiamo solo 40 euro al mese per la spesa" e grazie al cazzo se c'è tua suocera che ogni settimana ti porta intere buste della spesa stracolme di ogni ben di Dio e c'hai il frigo comunque sempre pieno!!! E quelli che la domenica vanno a pranzo dai loro, però in effetti anche il martedi sera dopo la palestra, e già che ci sono pure il giovedi che comunque "Ero qui in zona" e se ci scappa pure un pranzetto al volo il sabato che "Avevo appena finito di pulire casa, così poi esco senza sporcare" e se non bastasse ci si mette pure mammina "Tieni tesoro, ti ho preparato un tupperware con le lasagne per lunedi e un altro con le scaloppine e le patate croccantine come piacciono a te che le metti in frigo e te le riscaldi quando vuoi"...

Quelli che "Ma', mi faresti il bucato, per favore? Che ancora non m'è arrivata la lavatrice" e sono due anni che vanno avanti con 'sta cazzata e si presentano puntualmente con i panni sporchi!!! "Ma', mi andresti a fare una commissione in Circoscrizione, per favore? Che non posso proprio chiedere un altro permesso in ufficio" e guai però a perdersi la partita settimanale di calcetto con gli amici.

(E lasciano perdere chi ancora vive a casa loro, ma) quelli che mami e papi gli hanno pagato l'anticipo di casa, ma loro orgogliosi "Il mutuo poi però me lo pago io" e vorrei pure vedere, visto che un lavoro ce l'hai, Cristo Santo!!! E quelli che l'affitto o il mutuo nemmeno che l'hanno, che vivono in case di proprietà che gli sono state concesse/donate da nonne trapassate o genitori premurosi, ma loro fieri "Mi sono fatto casa nuova"...

Quelli che "Con il mio lavoro guadagno più di 3.000 euro al mese, ho le collezioni complete di tutte le stagioni TV dei serial della Fox", ma poi "Pa', ti ricordi? Domani mi scade l'assicurazione della macchina", e lui "Non preoccuparti, figliolo: te l'ho già pagata io, e già che c'ero t'ho fatto pure il pieno!"

Bla bla bla...
Potrei andare avanti con altri mille "quelli che"...
Uno per ogni voi-sapete-chi-siete, volendo.
Si, volendo. Ma non mi va.
Anche perchè poi rischio che insorgano "quelli che" hanno la coda di paglia!!!

mercoledì 9 gennaio 2008

Caro vita.


"Ohssignora, come mi sono aumentati zucchini e pomodori!!!"... non parlo di questo, nè tantomeno di latte, pane o benzina (che pure è un altro grave problema). Ce l'ho con il mio unico vero insostituibile indispensabile motore quotidiano: CAFFE' & SIGARETTE!!!

Da qualche giorno a 'sta parte, mi sono aumentati entrambi (all'unisono) di 10 centesimi: le Lucky Strike da € 3,60 e € 3,70; il caffè - mediamente - da € 0,70 a € 0,80.
ODIO profondamente fare questo tipo di calcoli, ma tenendo conto che entro a prendermi un caffè al bar almeno 3 volte al giorno (in realtà anche di più, ma calcoliamolo come media, escludendo quelli presi a casa mia e/o a casa di altri) spenderò 9 euro in più al mese in caffeina, e - con un pacchetto di sigarette al giorno - 3 euro in più in nicotina, per qualcosa che - lo so bene - per altri magari è solo superfluo.
Per me, però, è vitale.
Ecco perchè ODIO questi calcoli.

Insomma, se non bastavano i circa 170 euro che già spendevo mensilmente per queste mie necessità primarie, da oggi devo calcolarne 12 in più ogni mese (come dire € 144 all'anno, e la gente ancora si lamenta dell'ICI).
Eccheppalle!!!
Quasi quasi, dodici alla volta, li infilo nelle prossime fatture che emetto...

lunedì 7 gennaio 2008

[interludio]: "Ratti".


Avrebbe potuto essere un pipistrello.
Invece era solo un topo. O meglio, un ratto.
Se cerco la parola ratto sul vocabolario, trovo: “Genere di roditore comprendente 56 specie diverse, simile al topo ma più grande, con muso appuntito e coda rivestita di squame; a differenza di altri mammiferi, si adatta a qualsiasi condizione di vita ed è in grado di digerire sostanze di diverso tipo”.
Topi o ratti, per me sono quasi la stessa cosa. Comunque sia, fanno schifo. Ha ragione mio padre, almeno su questo. I ratti gli hanno sempre fatto schifo. E pensare che suo padre, cioè mio nonno, quando da pischello girava per Venezia prendeva a calci le pantegane, se ne spuntava fuori una dai canali. Pantegane grosse come gatti, se non di più. Che facevano voli di dodici metri, ripiombando dritte dritte nell’acqua sporca del canale da cui erano venute fuori, ma con le ossa rotte.
Che poi io una pantegana viva non l’ho nemmeno mai vista.
Credo sia inquietante, vedere una specie di topaccio grosso più di un gatto! Fa schifo, ecco che fa. Me ne ricordo una morta, una carcassa penzolante, appesa alla rete del pollaio di un contadino di Pieve, quando ero piccolo, in montagna. Lui metteva queste trappole su tutta la rete, perché altrimenti di notte ‘ste pantegane grosse come gatti entravano nel pollaio e si mangiavano le galline. Vi rendete conto? Erano capaci di mangiarsi una gallina, che un pollo intero mette in difficoltà pure me. Che con un pollo intero noi ci mangiamo in quattro.

Ricordo che - prima che i miei si separassero, quando vivevamo ancora a Palocco – ci fu un periodo in cui avevamo alcuni topi in giro per casa. Entravano da un’apertura del muro sotto al tubo del lavandino della cucina, ma lo avremmo capito solo qualche tempo dopo. E avremmo chiuso quel dannato buco con legno e gesso. Perché i muri di quella casa erano tutti con l’intercapedine, che andava giù dritta fino allo scantinato comune a tutta la schiera di villette. E chissà quanti cazzo di topi c’erano là sotto.
Alcuni di loro avevano trovato questa uscita nella nostra cucina. E per almeno un paio di settimane ci fu la grande caccia al topo. Roba che a me e ai miei fratelli divertiva pure. Ma a mio padre no. A lui facevano schifo.
Tentammo di tutto: trappole in metallo comprate al ferramenta, cibo avvelenato, carta con la colla. Se non ricordo male un paio li prendemmo pure, con ‘sti trucchetti. Ma continuavano ad essercene altri. Fino al giorno in cui - svuotando lo scomparto sotto al lavandino da tutto quell’inutile botto di detersivi bottiglie stracci e barattoli vari, probabilmente lì immobili da anni - scovammo il famoso buco nella parete, proprio dove il tubo dello scolo si piega ed entra nel muro.
Ma evidentemente un paio di quegli schifi erano rimasti fuori, quando chiudemmo il buco. Perché continuavamo a trovare tracce della loro presenza. E la notte, anche qualche squittio. Alla fine, scoprimmo che – non potendo rientrare nel muro – di giorno si nascondevano sotto al forno a gas. E fu guerra vera. Con fuoco e manici di scopa. Intrappolati là sotto, con il calore del forno a tutta manetta, schiacciati e infine spappolati da una vecchia scopa di legno. A mio padre venivano i conati di vomito, mentre procedeva con la loro esecuzione.
Non mi stupisce, quindi, che ancora oggi mi parli male dei ratti.

Come l’ultimo film della Pixar, quel “Ratatouille” che tutti quelli che lo vanno a vedere dicono essere una gran figata. E lui non capisce come si possa andare al cinema a vedere un film con dei ratti come protagonisti.
Inutile spiegargli che tutta la cultura dell’intrattenimento popolare si basa sui topi. Che nel nostro immaginario collettivo, sin da bambini, c’è già la figura del topo. Che il più grande e famoso personaggio animato del mondo sia il Mickey Mouse della Disney, ma se ne potrebbero trovare altri mille. Come Jerry di Tom & Jerry, come Speedy Gonzales, come Fievel, come Stuart Little, come Basil l’investigatopo. Come Fichetto di Grattachecca & Fichetto, come Autogatto e Mototopo. O addirittura come Topo Gigio o il Rat-Man di Leo Ortolani.
Il punto è che quelli sono personaggi di fumetti e cartoni animati. Sono carini. Sono divertenti. Sono teneri. Invece i ratti, quelli veri, fanno schifo. E dicono che saranno gli unici a sopravvivere alla guerra atomica, se mai ce ne sarà una. Loro e i ragni. Ovvero le due categorie di esseri striscianti che a me fanno più schifo. Cazzo: ratti e ragni sopravvivranno all’olocausto nucleare, la razza umana no!

Un altro flashback: la metropolitana di Londra.
Io e la mia tipa di allora alla fermata di Leicester Square. Chiacchieravamo del più e del meno, aspettando che arrivasse la metro. Che poi non la sopporto la metro di Londra. Si, d’accordo: gran belle rete di collegamento, come a Parigi, come a Madrid. Ma è angusta, stretta, puzzolente. Se ti siedi, le tue ginocchia scontrano con quelle della persona seduta di fronte a te. A Roma c’è spazio, accidenti. C’è lo spazio per la gente in piedi. E poi quei tunnel, così piccoli. Evidentemente proporzionati alle carrozze della metro, che immagino abbiano un diametro davvero contenuto. Roba da claustrofobia, anche quando prendi l’ascensore per scendere giù fino alle banchine. Che certe fermate non hanno nemmeno l’alternativa delle scale: c’è solo l’ascensore!
Aspettavamo che arrivasse la metro, insomma, e per puro caso ci cascò l’occhio sulle rotaie, perché in effetti – con la coda dell’occhio – si percepiva del movimento. Ratti. A decine. A centinaia. Dio, che schifo. Un via vai proprio lì sulle rotaie, che probabilmente conoscono l’orario della metro meglio di noi. Quando sentono vibrare le rotaie, spariscono. Sanno come funziona, i maledetti. Non ne rimane schiacciato nemmeno uno. Poi – come la metro riparte – sbucano nuovamente da buchi, giunture, interstizi, e se guardi verso il basso vedi nuovamente il terreno muoversi. Sono loro.

A Roma, quando guardo verso le rotaie, non vedo topi.
In realtà una volta ne ho visto uno, ad essere sincero. Solo uno.
Sia chiaro: non voglio dire che Roma sia più pulita di Londra. Casomai che è meno zozza. Magari non c’è puzza di cipolle ad ogni angolo della strada, magari non mettono la moquette pure nei bagni dell’albergo, magari non ha locali sporchi come certi loro bar e ristoranti, magari non si avvistano tutti quei ratti alle fermate della metro, ma sicuramente anche Roma ha la sua bella sporcizia. Quindi anche il suo bel numero di ratti striscianti.
Sotto le strade e i tombini, dentro ai palazzoni, nelle cantine e nei box, attraverso le tubature, dentro le intercapedini dei muri, tra i secchioni dell’immondizia, giù fino alle fogne. Una connessione infinita, la mappa di una Roma nascosta che li porta dai canali di scolo delle fontanelle fino al Tevere. Il biondo Tevere. L’apoteosi del ratto. Brrr.
Altro che Walt Disney.
Mi viene in mente il caro vecchio Paz, più che altro. E non il suo Topolino tossico, che la Disney voleva pure querelarlo. No. Mi viene in mente questa vecchia vignetta di Andrea Pazienza, dove un topaccio scheletrico, malato e puzzolente – pisciando dall’argine di una fogna con la cappella tra le mani – diceva: “Dice che uno è morto perché ha bevuto l’acqua del Tevere! E ci credo! Fa schifo! Mo’ per esempio io, dovessi dire “Sto bene!”, non lo posso di’! Sto male, sto! Piscio in continua! E secondo me il Tevere c’entra! C’entra, c’entra”.

A volte mi metto ad immaginarmeli tutti ‘sti topi.
Migliaia. Decine di migliaia. Centinaia di migliaia. Milioni.
Che si muovono, strisciano, squittiscono, mangiano, cagano, scopano e si riproducono. E mi perdo in un mio trip tutto personale: immagino di andare in alto, di poterli vedere tutti dall’alto, come se tutta Roma fosse una mappa sotto di me, un grande schermo nero con impressa la cartina della città, e loro fossero dei puntini rossi luminosi, che posso vedere anche in trasparenza, dovunque essi siano. Migliaia di puntini rossi. Milioni. Che si muovono, si muovono, si muovono. Sempre più rosso. Una grande macchia rossa che si muove. Alla fine vedo solo un’unica immensa massa rossa, luminosa.
E mi prende male.
Meglio non pensarci, che altrimenti mi vengono i conati di vomito come a mio padre.
Anche se so che una visione del genere corrisponderebbe parecchio alla realtà, preferisco non saperlo. O quantomeno fare finta.

Ben altra cosa sono i pipistrelli.
E non solo perchè sono in fissa per Batman.
I pipistrelli, innanzi tutto, volano.
Mentre i ratti strisciano.
Nelle fogne.
Nell'immondizia e nella merda.



© & ® 2008 Stefano Piccoli

mercoledì 2 gennaio 2008

Il "mio" Capodanno.


Pietralunga, Gubbio, Città di Castello, Perugia.
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