domenica 17 gennaio 2010
Sacco o Vanzetti.
ENTRO • Che considerassi Kento il più talentuoso della sua precedente compagine (gli Inquilini, con 4 album all'attivo!) è qualcosa che non ho mai nascosto; infatti, aldilà delle soggettività che si possono attribuire a tecnica e stile, lo spessore delle sue rime e la coscienza politica di matrice militante che permea la sua scrittura è qualcosa che lo ha sempre accostato alle mie corde, certamente più di molti altri, non fosse altro che per il mio retaggio antagonista. Detto questo, mi fa comunque sorridere la definizione "il primo disco italiano che sa essere politico senza essere partitico" coniata dal giornalista che ha intervistato Kento per "Groove" di gennaio 2010, visto che la militanza dei movimenti di base (anche delle posse, per intenderci) è per sua stessa natura extraparlamentare, quindi al di fuori di qualsiasi logica di partito.
Ad ogni modo, i più attenti dei miei lettori avranno sicuramente notato la pubblicità del suo album di esordio da "solista" per la Relief Records nella quarta di copertina dell'ultimo numero del Massacratore ("San Giorgio e il Drago"); il disco è uscito nei negozi da almeno un mesetto, quindi è con colpevole ritardo che mi accingo a scrivere questa recensione (scusa, Francesco!) ma finalmente ci siamo. E quindi, bando alle ciance, si aprano le danze...
Kento: "Sacco o Vanzetti"
(Relief Records Europe).
"Sacco o Vanzetti" è dunque il primo album di Kento, reggino di nascita ma oramai romano di adozione (o meglio: accolto tra le calda braccia di Roma) già negli Inquilini, già nei Kalafro Sound Power, già sui microfoni infuocati di mille palchi dal nord al sud dell'Italia, da almeno una decina d'anni. Bene, ora è il suo momento, quello preparato da tempo (io stesso avevo avuto modo di ascoltare una advanced copy di questo disco almeno un anno fa); il CD è assai stiloso sin da confezione e grafica, essenziale ed elegantissima.
Apre con il botto la potente INTRO: "Street knowledge, intelletto e spiritualità, è così che sopravvive la realtà... l'evoluzione della rivoluzione è dentro l'anima", come una chiara dichiarazione di intenti. Della traccia che dà il titolo all'album avevo già parlato QUI; il pezzo - già di per sè ricco nelle liriche e nella composizione musicale (con un pianoforte che gli imprime un'identità molto mediterranea) - è impreziosito nel refrain dalla bella voce di Taiyo "Hyst" Yamanouchi. Segue "All'orizzonte", dove Kento si dimostra un capace storyteller: è la sua storia, ripercorsa passo dopo passo, da Reggio alla Capitale. Un percorso di crescita e di tenacia, sia in termini umani (la vita in Calabria, il rapporto con le sue realtà malavitose viste attraverso gli occhi di un ragazzino, l'emigrazione familiare per motivi di lavoro, l'impatto con la grande città, la nostalgia ed il legame fortissimo con la propria terra d'origine) che professionali (l'università, la politica, il precariato, la ricerca di una maggiore solidità economica, la musica che purtroppo non paga ancora il mutuo di casa): "Mille palchi, mille fatti, mille scazzi e continuavo a cercare il mare in mezzo ai palazzi. Lavoro da precario ben oltre l'orario, scrivevo ma le rime non pagavano il salario. E adesso sono grande, ho un mutuo sulle spalle, e nessun capitale se non cervello e palle!".
Mi piace moltissimo la base di "So che ci sei", così solare, che nella sua fluidità (anche metrica) poteva tranquillamente essere il singolo di punta da estrarre dall'album. Il ritornello è cantato da Martina May, un bella voce femminile, sicuramente più idonea rispetto a quella presente nella versione che conoscevo già. E poi che stile: "Lingua popolare come il patwa in Giamaica, e accompagna James Brown alla jam di Biggie, Coltrane, Miles Davis, Tupac".
"Stalingrado" è la seconda traccia del disco a meritarsi il suo bel videoclip (peraltro interpretato anche dall'attore Francesco "il Libanese" Montanari, che posterò non appena verrà rilasciato): è un pezzo duro e potente, dagli incipit molto espliciti: "Spingo chi ha i concetti, non chi dice di averceli"... che altro dire? Da "Lucy in the sky with diamonds" dei Beatles ai "Guerrieri della notte" di Walter Hill, da Otis Redding a John Coltrane: "Non cambio una parola perché me l'ha detto un manager. L'etichetta fashion non apprezza il mio progetto, ma le mie rime non le pagano, quindi non hanno prezzo. Un rapper sa che è meglio un lavoro precario che dare il culo per un contratto e i passaggi in radio". Allora la musica è l'ultima trincea di Stalingrado. Ultima trincea ed unica possibile salvezza. Si, la musica come mezzo di salvezza, un concetto che torna spesso in questo disco, in modo più o meno palese, anche in altre tracce come "Nel mio mondo" o "Un giorno mi hai chiesto di spiegarti cos'è". Ecco, arriviamo proprio a questo, che forse - personalmente - ritengo il pezzo più bello di tutto l'album. Difficile spiegare con le parole la suggestione poetica che trasmette. C'è spiritualità, ci sono speranza e trascendenza, c'è una sorta di fede laica (non a caso Kento abbraccia il Rastafarianesimo, e mi si perdoni se ho utilizzato il termine in modo inappropriato); il ritornello cantato in spagnolo da Laryssa (che suona come avesse i solchi di un vecchio vinile) concorre al sapore trasognante dell'intero brano. Traducendolo, scopro che recita: "Nell'estate della vita, mentre corri, il vento ti ricorda che sei vivo, e gli alberi ti ricordano che sei parte del mondo". Bella l'idea. E non solo, perchè citerei anche: "È Zion per i rasta, Francesco per mia madre, libertà per mio nonno dopo un anno dentro un lager"... e ancora: “Era Montale quando scrisse dei limoni, Miles Davis che toglieva note dagli assoli". Davvero sorprendente.
"Poeta Laureato" sono tre minuti e cinquantotto secondi di rap senza concessioni e senza ritornelli. Una base looppata che ci riporta per strada (come fossimo a New York) per un fiume in piena di rime e pure skills. Pausa. "La verità" mi aveva catturato sin dalla sua precedente versione, per come parla di "lei" (della verità, per l'appunto) come fosse qualcosa di fisico, una terza persona singolare. Anche "Nel mio mondo", questa bella immagine metaforica dove il Che non è morto in Bolivia, dove John Belushi non si buca, dove Anakin Skywalker batte il lato oscuro della Forza, è un pezzo che ho amato sin dal primo ascolto, per il suo vigore, per il suo acume, in fondo anche per un ottimismo percepibile tra le righe. Non ultimo, anche per la sua limpida produzione musicale.
Aldilà del facile richiamo a Pavese (uhm, facile?) "Avrà i tuoi occhi" è un'altra bella prova di storytellin', che ci proietta in piene atmosfere da film gangster. No, anzi, mi correggo: in un romanzo hard boiled di Dashiell Hammett!!!
C'è ancora spazio per "Il reale e l'astratto", dove Kento è in compagnia di Easy One e Masta P. Poi un OUTRO che in pratica è una vera e propria ode a Bob Marley, dove si sottolinea il semplice concetto di base che "La musica è musica". E ben due bonus tracks finali, la cinematografica "Ciò che non siamo" con Karma e la potentissima "(A)" dove - oltre Indo e Levante - fa capolino anche un certo Chef Ragoo, per un'ultima ondata corale di rime taglienti.
L'album di Kento è un lavoro maturo e consapevole. Ottime basi (quasi interamente prodotte da Matteo "Peight" Vitagliano, ma con contributi sparsi di Dj Fuzzten, Torpedo, Dj Jack, Dj Fakser, Climaco e Nello "One Drop" Nobile), un suono pulito (merito della masterizzazione negli studi di Brooklyn della Relief?) e soprattutto testi molto più solidi e colti della media del rap italiano che abitualmente ascoltiamo. Cosa che - per paradosso - potrebbe limitarne la sua stessa commerciabilità; quindi (proprio per evitare un'ipotesi del genere) se avevate posto per un solo disco di rap italiano nel vostro carrello... beh, acquistate questo!!! E poi ne riparliamo.
ESCO • Dopo aver ascoltato per intero "Sacco o Vanzetti" più e più volte, dopo averlo assorbibito, fatto mio rima per rima sullo stereo di casa, in macchina o nel Mac che ho in ufficio, posso davvero ribadire che - nonostante non avessi alcun dubbio al riguardo - davanti ad un lavoro con una cifra stilistica del genere, sono ORGOGLIOSO di avere Kento come amico. Sei un grande, compare! ;)
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