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Indipendentemente da ciò che è stata PER ME questa decima edizione di
ROMICS (e cioè la data dello
start-up ufficiale - o simbolico? - di due nuovi progetti che mi riguardano come autore) potrei nuovamente sparare a zero sui seri problemi di dissociazione dei
cosplayers o su quelli (forse più gravi?) di ragazzotti ben oltre i trenta anche affermati professionisti del settore che si prendono a pistolettate con proiettili di gommapiuma… ma d'altronde
"perchè tanto odio?" come diceva
Edika... GIOCARE E' BELLO a qualsiasi età… quindi zero pipponi polemici per stavolta, che non ce n'è davvero nessun bisogno ;)
Stavolta, casomai, vorrei soffermarmi su un tema che sembra essere la più grande preoccupazione di TANTE persone con cui ho chiacchierato. Tema che - per motivi (suppongo) del tutto casuali - mi è stato sottoposto più volte, da più interlocutori (che in taluni casi nemmeno si conoscono tra loro), nell'arco degli stessi due giorni. Forse perché fino ad oggi non avevo mai espresso giudizi in merito, nè sul mio blog nè tantomeno commentando su quelli di altri.
Sto parlando di qualcosa che riguarda in gran parte la tavola rotonda che stanno organizzando in occasione dell'imminente
LUCCA COMICS. Credo gli abbiano addirittura dato un nome:
"Gli Stati Generali del fumetto e la coscienza collettiva". Che poi - questa estate (su blog, forum e siti specializzati) - si è focalizzato, anche animatamente, soprattutto su un argomento:
i giusti compensi degli autori.Ora, vuoi perché avevo altri pensieri per la testa (per esempio: in estate datemi una spiaggia e io sto a posto così) o vuoi perché l'argomento specifico "compensi degli autori" tutto sommato mi riguarda solo marginalmente, interessandomi poco… beh, fatto sta che solo oggi dico la mia, e solo perché la mia opinione - con grande incredulità di molti, lo so - mi è stata richiesta da più di una persona.
DUNQUE.Premesso che io credo che l'unico compenso "giusto" sia quello che accordano editore ed autore al momento della firma di un contratto (sempre che uno dei due non abbia una pistola puntata alla tempia) e tralasciando per un momento la piccola editoria indipendente (che meriterebbe un discorso a parte sui suoi metodi produttivi e sui suoi piccoli accordi contrattuali tra piccoli editori e piccoli autori) cerco di riassumere veramente all'osso la questione, dopo aver letto/ascoltato di tutto e di più da parte di CHIUNQUE lavori nel settore.
E la conclusione, già ampiamente articolata da altri colleghi ben più illustri del sottoscritto, è che la scelta di fare fumetti oggi in Italia (per il mercato italiano) si riduca fondamentalmente ad un paio di opzioni:
1) O scegli di lavorare nel fumetto seriale/popolare, pagato "a tavola", ma ci campi SOLO se imposti la tua intera carriera in questa direzione (nel talento necessario, nella tecnica, nello stile, nelle pubbliche relazioni, nelle produzioni precedenti, nella costanza, nella pazienza) e il tuo traguardo è di pubblicare regolarmente per
Bonelli, perché altrimenti - oggi in Italia - puoi pure arrivare a pubblicare serie/miniserie per qualsiasi altro editore, ma per campare devi necessariamente fare anche dell'altro.
2) O scegli di scrivere/disegnare romanzi a fumetti, pagati con la formula tipica dell'editoria di varia (cioè anticipo sui diritti d'autore +
royalties sulle copie vendute, e sono d'accordissimo con chi sostiene che il
graphic novel non debba essere pagato "a tavola") ma in questo caso devi mettere in conto che - ipotizzando che per vivere quantomeno dignitosamente siano necessari almeno 20.000 euro l'anno e se ti va di lusso, nel migliore dei casi, puoi sperare di pubblicare un libro all'anno - probabilmente anche se ti chiami
Gipi e pubblichi per
Rizzoli o
Mondadori, per campare devi necessariamente fare anche dell'altro.
Ognuna delle due scelte ha i suoi pro ed i suoi contro, nelle libertà creative, nelle sperimentazioni o meno, nel lavorare sulle proprie idee o sui personaggi di altri, nelle aspettative economiche che uno si prefissa, etc.
Sono pronto ad argomentare con CHIUNQUE i due punti sopra elencati. Volendo, anche "conti alla mano" (che tanto ho una prima bozza di questo stesso
post con la quale già entravo parecchio nel dettaglio, dilungandomi ancor più di quanto non stia facendo adesso).
Il resto sono solo chiacchiere e demagogia.
Anche tirare in ballo la
Disney e chi lavora per la Francia o per le case editrici americane, che non a caso io parlavo di Italia e di mercato italiano, nel tentativo di un'analisi basata sulle nostre sole forze.
Allora che senso può avere riunirsi attorno ad una tavola rotonda per parlare di "giusti compensi degli autori"?
Bisogna scoprire l'acqua calda tutti insieme per una presa di coscienza collettiva?
O è solo un ennesimo pretesto per lamentarsi?
I metodi per lavorare davvero con i fumetti sono pochi. Pieni di limiti, anche (e soprattutto) di natura economica.
Allora tiriamo in ballo LA CRISI. Crisi o non crisi?
"Va tutto bene", ci dicono certi autori. Ma che
"va tutto bene" lo dice anche
Berlusconi quando parla dell'Italia, del lavoro, della scuola e della sanità. E allora cosa penso, in sostanza?
Penso che fintanto che in Italia - tantopiù nei due segmenti descritti poc'anzi - non avverrà un radicale cambio di rotta da parte di TUTTI, cioè sia da parte degli editori (che dovrebbero fare scelte più coraggiose e lungimiranti) che da parte degli autori (che dovrebbero fare proposte più coraggiose ed innovative), fintanto che si continueranno a pubblicare fumetti già letti visti e rivisti mille volte, con generi che non sono altro che semplici variazioni sul tema fantasy, fantascienza, horror, vampiri, zombie e detective dell'occulto in tutte la salse possibili, senza avere le palle di proporre roba POTENTE e innovativa che - senza bisogno di scomodare i soliti supereroi (che culturalmente nemmeno ci appartengono) - potrebbe sfociare in cose originalissime come
"Scalped" o
"DMZ" (che peraltro al 50% sarebbe un
made in Italy, ma perché non sembriamo in grado di farcelo da soli?) e fintanto che
Dylan Dog non potrà esclamare un
"cazzo!" e non potrà uscire dai ranghi di quello bravino che tutto sommato non ha mai fatto realmente male a nessuno e quindi un
John Constantine se lo inculerà sempre e comunque… fintanto insomma che mancheranno coraggio lungimiranza e innovazione, tematiche più adulte, linguaggi più articolati e al contempo diretti (lezione che negli Usa hanno imparato decisamente bene, tanto nei
comics quanto nei
serial TV, e poi qui da noi tutti a gridare ai LORO capolavori!) e livelli di lettura più sofisticati, allora il nostro mercato RISTAGNERA' sempre.
E a valutare da certe serie e/o miniserie attualmente in edicola, il punto è che MERITA di ristagnare.
Quindi che non venissero a lamentarsi a Lucca o chissà dove altro.
Perché il fumetto italiano di oggi è esattamente ciò che vuole essere e che si merita di essere.Le "crisi" nei molteplici aspetti del mondo del lavoro, oggi in Italia, sono ben altre. E sono roba assai più seria e più grave.
Quindi cari autori che vi lamentate e/o che vi riunite intorno alle vostre belle tavolate rotonde a farvi le seghe l'uno con l'altro, non rompeteci le palle e - se non vi sta più bene questo ambiente che voi stessi avete trasformato a vostra immagine e somiglianza - allora cambiate lavoro!!!
POST SCRIPTUM.Tornando in chiusura al
ROMICS, una piccola soddisfazione personale: domenica pomeriggio alla stand
Tunuè sono FINITE le copie di
"Roots 66"! Io, incredibilmente, stavolta sono stato lì a disegnare circa due ore, ma ciononostante qualche simpatico compagno di scuderia non m'ha esonerato dall'inevitabile frecciata:
"Ti credo, ne avevano portate cinque copie!!!". OK, incasso (grazie, ragazzi!) ma sappiamo bene che non è così. Erano MOLTE di più… uhm, vero?
Ad ogni modo saranno pure piccole, ma son comunque soddisfazioni ;)