mercoledì 17 dicembre 2008

... ma anche no.

Della serie: "Avrei potuto parteciparci diversi mesi fa per una certa corsa letteraria della morte"...



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Veloce. Secondo me, andavo veloce. Almeno centosessanta. Non come Davide, che dice di farsi Roma Firenze in meno di due ore, quando ha delle consegne urgenti. E non come quelli con le moto e i loro stupidi racconti di piegate, le loro masturbazioni mentali alla Easy Riders, che - rivisto oggi - secondo me quei due erano solo due poveri coglioni, e che due palle gli anni '70, il rock'n'roll e Sulla Strada di Kerouac. Nemmeno veloce come chiunque mi sorpassi quando sono a centosessanta, ovviamente. Ma per i miei standard, si: veloce.

Quasi due ore prigioniero del Raccordo Anulare. Poi finalmente la fine del tunnel, e di fronte a me centinaia di chilometri di asfalto libero. Fiano Romano alle spalle da almeno cinque minuti, con i miei centosessanta ad altezza Ponzano Soratte. Che poi quello è proprio il tratto con i limiti di velocità più severi, nonostante sia autostrada. Me lo dice sempre pure lei: “Rallenta, c’è l’autovelox”. E solitamente io rallento. Ma oggi sono da solo, quindi lascio il motore libero di ruggire. Volo. Quei momenti che assomigliano alla felicità, con il cielo azzurro e l’autoradio a tutto volume, che poi smadonnerai quando effettivamente ti arriverà la multa dell’autovelox: trecentosessantacinque euro più un mese di sospensione della patente. Sticazzi. Magari nemmeno sopravviverò all’arrivo di quella multa.
Insomma, sono almeno cinque anni che stanno facendo i lavori in questa cazzo di galleria a pochi chilometri dall’imbocco della A1. Non si può aspettare tutta una vita. Io vado più veloce. Sicuramente più di loro.



Ponzano Soratte. Eccola, che sbuca all’improvviso sulla destra: l’Abbazia di Sant’Andrea in Flumine, quella dove avrei dovuto sposarmi. Che mi fa pure sorridere ‘sta cosa. Oramai quella sarà per sempre “la chiesa dove avrei dovuto sposarmi”. E lo dico a tutti, ogni volta che ci passo davanti. Pure a Corrado, ogni santa volta: “Guarda, Corra’, lì è dove avrei dovuto sposarmi”. Ci siamo passati davanti per mesi, ogni sette giorni. Da Roma alla provincia toscana, almeno una volta alla settimana dai fornitori che si occupano della produzione della nostra collezione. Uno a Chianciano Terme, vicino a Siena. L’altro a Terranuova Bracciolini, vicino ad Arezzo. Quindi uscite Val di Chiana o Valdarno, a seconda degli appuntamenti. Come oggi. Che Corrado oramai da qualche mese non fa più parte del gruppo, e io viaggio da solo, correndo verso Chianciano.

Il momento più bello è il ritorno. Quando raggiungo nuovamente l’altezza Ponzano Soratte. È come sentirsi già a casa. Ed ecco di nuovo l’Abbazia, lì sulla sinistra, che tornando indietro si vede perfettamente da almeno due chilometri di distanza. Splendida, investita a tre quarti dal sole che comincia pigramente a calare, con le sue antiche mura di pietra grigia che in quel momento sembrano illuminarsi di giallo.

La guardavo, piacevolmente stordito dai raggi che mi venivano incontro. Sempre a centossesanta, con una luce quasi perfetta. Di quelle calde e sonnolente che tagliano frontalmente il parabrezza, che vorresti chiudere gli occhi e spegnere il resto del mondo, che però - come controindicazione - non ti fanno distinguere il verde dal rosso quando ti avvicini al semaforo di un incrocio. Figuriamoci quindi le luci ad intermittenza di un triangolo. Centosessanta, per l’appunto. Senza accorgermi che quel Tir non stava andando lento. Era fermo.
Ma lo sapevo, no? Col cazzo che pagherò mai quella multa, maledetti autovelox.



[interludio]: "Veloce".
© & ® 2008 Stefano Piccoli

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto, ma molto fico.
Sul serio.

Regalacene altri, Ste ;)

Anonimo ha detto...

scrivi davvero bene