Di TunuèTorniamo alla Tunuè, che parlarne attraverso
Paco Roca sarebbe sin troppo facile. Uno stand grande, allegro, colorato, che sprigiona energia.
Emanuele,
Max e
Concetta "dal vivo" sono uno spettacolo per gli occhi: non li ferma nessuno, sono vere e proprie
macchine da fiera!!! Capaci di fare le ore piccole in giro per Lucca, ed essere puntuali all'apertura dello stand la mattina dopo, energetici quanto e più del giorno prima. Non me ne capacito, dico davvero... che poi uno pensa che possano fare uso di sostanze dopanti, ma - a parte l'abbondanza di vino rosso - io di
strisce bianche dentro allo stand non ne ho visto traccia!!!
Scherzi a parte, il mio rapporto con loro è ancora in fase di "rodaggio" (perchè entrare in
Tunuè significa in tutto e per tutto entrare in un gruppo affiatato) ma posso già ringraziarli per la loro PAZIENZA... che - storicamente - io sono uno che alle fiere si imbosca parecchio, si defila, avendo serie difficoltà (per reale incapacità?) a disegnare
live per passanti e lettori: è qualcosa di atavico, di più forte di me, su cui devo ancora lavorare parecchio (e tenete conto che quest'anno, per i miei parametri abituali, ci sono stato pure parecchio lì a disegnare); qualcosa che - per chi lavora con me, da sempre - può sembrare poca voglia di impegnarsi, ma non è così. E' un problema più serio.
Lo stesso che poi mi fa ammirare in maniera assoluta chi davvero si mette lì piegato sul tavolo e disegna per ore: matite colorate, pennini e chine, pastelli a cera, pennelli, acquarelli, un trionfo di tecniche e di materiali d'artista (davanti ai quali vien fuori con ancor più spietatezza la mia natura di cialtrone) maneggiati abilmente da
Luca Russo, da
Gud, da
Mauro Cao o da
Paola Cannatella in modo tanto naturale quanto meraviglioso.
Quando lo stand
Tunuè è al suo apice, vedi il suo
triumvirato in azione, vedi
Valeria Agnese ed
Alessia coordinare abilmente
copie autografi disegni da asciugare consigli per gli acquisti e resti che aspetta ti devo dare ancora cinquanta centesimi ma guarda che quel saggio sul fumetto giapponese non devi proprio lasciartelo sfuggire... e se non basta, almeno QUATTRO autori all'opera, distribuiti sui due lati esposti verso i corridoi di passaggio (i lati "caldi") impegnati nelle loro piccole opere d'arte che chiamano
sketch ma che sono ben di più...
Insomma: un po' come alla
Coconino, avete presente? Ma senza depressione ;)
Di altre riflessioni personaliChe mi vengono in mente da sole, senza che io possa farci niente, quando sono a Lucca e/o ad altre fiere, che vedo quelli che camminano ad un metro da terra, quelli che gongolano, quelli che se la tirano un botto (e io magari non so nemmeno chi cazzo siano), quelli che vendono un botto, quelli che fanno salotto, quelli che sono artisti, quelli che sono popolari, quelli che si fanno la guerra di
"lei non sa chi sono io", quelli che esercitano un potere che è del tutto fittizio ma che loro - poverini - credono davvero di avere, quelli che si credono di aver fatto 'sto cazzo, quelli che
bla bla bla... e poi quando rientro a Roma, il lunedi seguente, quando torno nella vita reale, magari pure imbottigliato nel traffico del Raccordo Anulare, fumando e ascoltando musica, guardando le facce della gente dentro alle altre automobili, chiedendomi quanti di loro sapessero che fino al giorno prima, a Lucca, ci fosse una fiera dedicata al fumetto...
Mi rendo sempre più conto che il fatto che noi lavoriamo DENTRO al fumetto (si, anche io, nonostante taluni continuino a ripetermi che ci lavoro solo
part-time) tende a farcelo investire di una IMPORTANZA che - a livello di considerazione/percezione - lì fuori, nel resto d'Italia, non ha. Che a dirla tutta, un po' brutalmente, questa Italia il nostro amato fumetto non se lo caga affatto.
Ma mi spiego meglio: dipenderà dal fatto che - come artigiani di questa materia - ci mettiamo così tanta passione, perizia, dedizione, profusione di tempo e talento da rendere quasi IMPENSABILE che "oggettivamente" il fumetto non possa non destare interesse ed ammirazione in chiunque altro. C'è tanto di quel mestiere e tanta di quella professionalità in un fumetto (la scrittura, i dialoghi, il disegno, la colorazione, la stampa) che "oggettivamente" chiunque dovrebbe conferirgli quello stesso grande valore che gli diamo noi. Eppure se anche prendessimo un mensile della
Bonelli come
"Dylan Dog", probabilmente uno dei personaggi italiani in assoluto più venduti e popolari (con autori, sceneggiatori e disegnatori di massimo livello che lo realizzano) per centomila lettori che può avere, ci sarebbero altri cinquantanove milioni e novecentomila persone che non lo leggono, no?
Il senso della mia riflessione però è un altro, e non si basa solo sulle vendite.
Nel nostro considerare "importante" il fumetto, nel nostro elevarlo al di sopra di tanta televisione o di tante altre forme di intrattenimento, nel nostro conferirgli massimo valore, nel nostro volergli pretendere rispetto, poi - per una paradossale forma di snobismo, suppongo - siamo facilmente i primi a criticare (se non a sputare merda) sul lavoro degli altri. Non mi è infatti difficile immaginarmi, insieme ad altri colleghi dell'ambiente, seduti alla setssa tavola, a parlare - che so? - di televisione ed uscircene facilmente con qualcosa del tipo:
"Si, vabbè, ma 'Un posto al sole' fa proprio cagare!!!" (e prendo ad esempio questa
soap di
Rai3 a puro titolo indicativo). OK, d'accordo:
"Fa cagare"... due parole con le quali esprimiamo un giudizio definitivo e liquidiamo la faccenda. Ma allora in questo caso il rispetto per tutti coloro che lavorano DENTRO a quella produzione televisiva? Sceneggiatori, registi, attori, tecnici del suono, scenografi, costumisti, attrezzisti e quant'altro... dove mettiamo la LORO passione? La LORO perizia? La LORO dedizione? La LORO profusione di tempo e talento? Il LORO mestiere? La LORO professionalità nel confezionare un prodotto che - anche volendolo mettere in discussione - ogni sera intrattiene DUE MILIONI e passa di spettatori, che allora altro che i centomila di
"Dylan Dog"!!!
Eppure qualsiasi autore della
Bonelli (e tralasciamo quelli che si credono pure artisti) se li guarderebbe dall'alto in basso (e lo sostengo con cognizione di causa, credetemi) a tutta quella gente lì della
Rai di Napoli. Perchè?
Solo noi produciamo arte, cultura ed intrattenimento?
Solo noi siamo capaci di raccontare buone storie?
Solo noi realizziamo cose così fighe e necessarie?
"Solo noi, solo noi, le montagne se vuoi"...