Lo scorso 11 settembre sono stato a Pomezia con Tere a vedere uno spettacolo in piazza di
Ascanio Celestini, che sia io che lei consideriamo un grande!!! In effetti anche questo suo monologo (
"La fine del mondo") non ha deluso le nostre aspettative, e mentre ce ne tornavamo a casa in macchina sulla Pontina tutti belli contenti, tra le varie chiacchiere lei mi diceva:
"Stamattina al lavoro, quando ho detto che stasera saremmo andati a vedere Ascanio Celestini, non c'era un solo collega che sapesse chi fosse!!!".In effetti, credo che se esco per un attimo da quello che potrebbe essere il mio "ambiente abituale" (intendo gente che opera nella comunicazione, autori di varia natura, artisti, giornalisti, etc.) Celestini - pur rimanendo un grande - non gode di una oggettiva notorietà popolare.
E' un artista piuttosto "di nicchia", amato dalla critica e dal SUO pubblico, che non sto dicendo sia poco. Ma se in questo stesso momento voi vi alzaste da davanti al vostro computer, scendeste sotto casa, fermaste le prime dieci persone che passano, e chiedeste loro se conoscono Ascanio Celestini, probabilmente vi risponderebbero di "si" un paio di persone al massimo (un paio proprio a voler essere ottimisti). Se invece chiedeste loro se conoscono
Fiorello, vi risponderebbero di "si" in dieci su dieci.
Tra l'altro chissà se lo stesso Fiorello sa chi sia Ascanio Celestini?
Così come chissà se
Tom Cruise sappia chi è Fiorello?
Ad ogni modo, Celestini fa un tipo di teatro molto particolare, vive con semplicità a Morena (una zona fuori Raccordo vicina a Ciampino, quartiere dove è nato e cresciuto), sul suo sito pubblica il suo numero personale di cellulare per i contatti, e solo questo può darvi una chiara idea del tipo di persona che è.
Teresa si domandava anche:
"Ma secondo te lui riesce a vivere di teatro?".Io le rispondevo che tra la messa in scena di uno spettacolo, la direzione artistica di un teatro, l'organizzazione di un festival, qualche ospitata qua è là, un testo, una lettura, un libro, un premio, etc. etc. alla fine del mese certamente i suoi soldi per campare se li porta a casa, senza necessariamente essere "ricco" e/o "famoso".
Ma comunque VIVENDO DI TEATRO.
Che, di per sè, è già una bella soddisfazione.
Bene. Fine Capitolo Uno.
Iperbole.
Proprio in quegli stessi giorni, i primi di settembre, un
noto/affermato autore di fumetti italiano mi dava del
"fumettaro fallito".
Letteralmente, senza altre possibilità di interpretazione.
Forse avrebbe anche ragione, se lui fosse Tom Cruise e io fossi Ascanio Celestini.
Ma il problema è che io NON SONO Ascanio Celestini!!!
Bacio le mani, Maestro... :)Scherzi a parte, il punto è questo:
quando/come è possibile definire un FALLIMENTO?E quindi - fallendo - l'essere dei FALLITI?
In linea di massima, credo si possa affermare che il "fallimento" sia il NON RAGGIUNGIMENTO di un obiettivo.
OK, siamo d'accordo: ma quale era l'OBIETTIVO da raggiungere?
Diventare "famosi"?
Guadagnare un sacco di soldi coi fumetti?
Entrare in
Bonelli?
Diventare un
"impiegato del fumetto"? (per citare un termine recentemente utilizzato da
Ausonia, e con tutto il rispetto per tali impiegati).
No, qui rischiamo davvero di entrare in quei DELICATI territori sulle differenze tra commerciale e autoriale, tra riscontro popolare e nicchia, tra intrattenimento ed arte, etc. etc... e NON ERA MIA INTENZIONE - ora - far prendere questa piega a quanto sto esponendo (anche se ne è strettamente collegato).
Il punto focale era un altro.
E' tutta la vita che - a fasi alterne - scrivo e disegno fumetti, sin da pischello.
E in tutta la mia vita, non ho MAI - ripeto: MAI!!! - mandato "prove" a case editrici (Bonelli e/o altro che siano).
Già questo, di per sè, dichiara apertamente una mia precisa scelta professionale, che ESCLUDE a priori un bel po' di possibilità.
E aldilà dell'eventuale talento, intendo.
Per contro, ho SEMPRE scritto e disegnato le mie cose, che possono piacere o meno (e questo sarebbe un altro discorso).
Sapendo che le potevano leggere in mille (come in effetti è accaduto spesso) ma anche in quattro.
Sapendo bene che NON c'era la fila di editori ad aspettarmi là fuori.
Eppure - vuoi o non vuoi - qualcuno comunque c'è sempre stato.
Io non campo con i fumetti. Pago mutuo di casa e/o viaggi in giro per il mondo con altre attività.
Però i fumetti li faccio. Continuo a farli.
Se questa sia una mia "purezza" o una mia "ingenuità" che lo stabiliscano gli altri.
Vado alle fiere, vedo con i miei occhi centinaia se non migliaia di aspiranti autori: cartelline sotto braccio, colloqui con
editors ed editori, portfolii, idee, entusiasmo, tavole di prova con i personaggi che pubblicano le diverse case editrici.
Sono davvero tanti. Li trovi anche in rete a dire la loro, sui forum, sulle chat, sui blog...
Spesso qualcuno - tirandosela un po' - li chiama
wannabe.
Sono davvero tanti.
E - lo sappiamo - ce la faranno in pochi.
Sono anche loro una fila infinita di fumettari falliti?
E lo sono anche tutti quelli che presentano quel botto di albi autoprodotti di cui è piena ogni fiera?
Supereroi italiani, detective, cavalieri fantasy, agenti segreti, vampiri, fighe magiche, guerrieri...
Non saprei.
Dipenderà dal loro obiettivo, suppongo.
Io scrivo e disegno le storie che sento la necessità di raccontare.
Ecco: LA NECESSITA'... qualcosa di cui ho bisogno A PRIORI.
Raccontare senza star lì a pensare chi sarà l'editore che mi pubblicherà, se ne faranno delle
action cards o un videogioco.
Raccontare per la necessità di comunicare.
Di stabilire - se possibile - un
feedback con chi legge (e nel bene e nel male - tra complimenti, critiche e polemiche - guarda caso lo stabilisco sempre!!!).
Se poi ogni tanto ci guadagno anche due lire, tanto meglio.
Se poi trovo anche un editore che crede in ciò che racconto, tanto meglio.
Vuol dire che - da "autore" - non dovrò preoccuparmi di tipografie, distribuzione, stands, contrattualità e amenità varie.
Se c'è un editore che investe su di me, vorrà dire che ritiene valido ciò che faccio. Nonostante ci sia sempre qualcuno/a che potrà dirgli (e lo fa puntualmente, lo so):
"Ma perchè pubblichi Piccoli? Perchè spendi soldi su di lui? Ce ne sono mille meglio di lui"...E intanto però pubblica me.
E in fiera a disegnare per il pubblico che mi chiede uno
sketch ci sono io, non lui/lei!!!
Ho delle idee che diventano progetti.
Basati sulla loro eventuale
forza comunicativa, non sulle
regole del mercato.
Se avessi realmente fallito questo mio obiettivo, dovrei essere stato tagliato fuori da questo mercato da un bel pezzo.
E invece, nel mio piccolo, sono ancora qui.
A scrivere e disegnare storie.
Listate da
"Mega" e
"Anteprima" con tanto di copertine.
Che poi si trovano regolarmente in fumetteria.
Spesso citate, spesso recensite, spesso acquistate.
Con la piena consapevolezza di non avere 20.000 o più lettori mensili.
Ma è qualcosa che l'autore noto/affermato non comprende: per lui, evidentemente, è "fallito" chiunque stia al di sotto di certe cifre.
Ne fa una questione di numeri.
Ne fa una semplice equazione di: SUCCESSO = numeri.
Perchè - lo capisco - era il SUO obiettivo originale.
Ma questa allora è la teoria di Gigi D'Alessio: non importa che tu possa tentare di proporre una musica ALTRA come fa Vinicio Capossela (tanto per dirne uno), conta solo che tu sia il cantante che vende di più in Italia, con le tue centomila e più copie del nuovo disco, con i tuoi stadi pieni all'inverosimile, contano solo i numeri... quindi D'Alessio batte Capossela venti ad uno!!!Eppure - di riflesso - quell'autore noto/affermato da del fallito a metà (in realtà molti di più) della gente e degli autori che conosce!!!
Anche a quelli a cui ha scritto l'introduzione del loro coraggioso albetto autoprodotto, anche a quelli che gli chiedono consigli, anche a quelli che gli spediscono le proprie prove o che pubblicano vivendo dei suoi favori, delle sue briciole: alle fiere si siede a tavola con loro, ci si mischia, stringe le loro mani, ci ride e ci scherza ma sotto sotto - sorridendo gongolante - pensa che siano tutti dei falliti!!!
Quando andrete alla prossima fiera di fumetti, se fermaste le prime dieci persone che passano e chiedeste loro se conoscono
Tiziano Sclavi, vi risponderebbero di "si" dieci persone su dieci. Se chiedeste invece se conoscono Stefano Piccoli e il suo Massacratore, vi risponderebbero di "si" (forse) uno su dieci, a voler essere proprio ottimisti.
Eh si... devo proprio essere un "fumettaro fallito"!!!
Cazzo, ha ragione quell'autore famoso!!!
Allora meno male che in questo duro mondo dell'editoria a fumetti ce la fanno in pochi, così saranno sempre in pochi a dispensarci il loro verbo e ricordarci la nostra fallacità.