Ecco.
Tenete conto che oggi pomeriggio, quando ho ricevuto un certo SMS da una certa persona, ero qui
(vedere foto, scattata in tempo reale all'arrivo del beep), insieme a Giulia, alle giostrine di uno stabilimento di Ostia Beach!!! ;)
Stavo VOLUTAMENTE aspettando fine agosto per dire la mia - tanto soggettiva quanto definitiva - su certe recenti
bagarre tipicamente estive. Su certi personaggi (autori, critici, giornalisti) noti e meno noti. Su certi comportamenti che - come sempre! - sono da gradassi SOLO verso chi è più debole, chi ha meno strumenti di dibattito e/o di difesa.
Dopodichè saranno cazzi.
Nel frattempo, nello sciallarmi in questi ultimi giorni di ferie e nel proseguire la mia personale - ed infinita - ricerca dell'essenza del vero suono degli anni '80, e cioè NON quello delle tristissime
compilation che vi rifilano le solite
"I like Chopin", "Like a virgin" o
"Video killed the radio star" (perché quelle batterie, quei
synth, quel modo di effettare la voce sono piuttosto da ricercare in gente come
Mike & The Mechanics, i
Go West, i
Fleetwood Mac, i
Psychedelic Furs,
Gino Vannelli,
Don Henley o
Glen Frey, gli
Starship, i
Journey o gli
Air Supply) ecco che tiro fuori dal cilindro magico un fuoriclasse come
Steve Winwood, ma non con
"Higher love" (che sarebbe sin troppo facile) bensì con la sua
"Valerie" del 1987:
Che non a caso qualche anno fa è stata campionata/remixata per un pezzo
club house di dubbio gusto (ma sentite com'è cambiato l'uso delle batterie in vent'anni!) firmato da tale
Eric Prydz (?) che - di fatto - nelle discoteche ha spaccato di brutto, ma che io preferisco ricordare esclusivamente per l'altissimo livello di topa UMIDA del suo
videoclip:
Su
"la ricerca dell'essenza del vero suono degli anni '80" (e sui sintetizzatori) magari ci torneremo con un post apposito, e magari anche tramite le parole di un certo
Jan Hammer, OK?
Per ora rilassatevi.
Tutti.