mercoledì 27 maggio 2009
Relapse.
Aftermath/Interscope/Universal.
Francamente, cominciavo a pensare che Eminem avesse deciso di non fare più album a proprio nome, per dedicarsi alla produzione, alla propria etichetta, o - al massimo - a qualche featuring mirato (con il contagocce) sul disco di qualcuno dei suoi amici/colleghi. E invece no. A cinque anni (cinque!) dal suo precedente "Encore" del 2004, ecco arrivare questo "Relapse". Che CONFERMA il suo talento, d'accordo. Ma non STUPISCE più. E forse l'unico problema del nuovo album di Mr. Slim Shady è proprio questo.
"Relapse", che in termini medici significa "ricaduta" (non a caso l'intera grafica del CD ruota intorno a medicinali e ricette mediche) è interamente prodotto da quel geniaccio di Dr. Dre; oltre a risultare produttore ESECUTIVO dell'album, a livello di basi ne produce 14 su 15 (escludendo i 5 skit dalla tracklist). Il brano rimanente - "Beautiful" - è firmato interamente da Eminem.
In realtà, su 4 tracce troviamo anche un inedito Mark Batson ad "affiancare" il Dottore come co-autore delle basi, quello stesso Batson artefice della colonna sonora dell'ottimo "Miami Vice" di Michael Mann, che infatti infonde ai pezzi un flavour molto cinematografico.
Avevano anticipato che Dre, per la produzione, sarebbe tornato alle batterie e le sonorità basiche del primi due dischi di Em (cioè "The Slim Shady LP" del '99 e "The Marshall Mathers LP" del 2000) ma - nonostante si percepisca il tentativo - non è così. La produzione è ottima, sia chiaro, ma suona OVVIA, è un po' troppo scontata. Così come le tematiche del rapper di Detroit, che - dopo guai, droghe, cliniche, drammi familiari e quant'altro - torna sempre sugli stessi argomenti: i suoi traumi infantili (una violenza da parte del patrigno su "Insane", un'iniziazione alle droghe ad opera della madre su "My mom"), una certa intolleranza a quello star system di cui in fondo lui stesso è una vittima, una monotona ossessione verso le stelline della musica pop o di Hollywood, da Amy Winehouse a Lindsay Lohan, da Kim Kardashian alla solita cara vecchia Britney Spears ("Same song and dance" la dice lunga già dal titolo). Anche il primo singolo di lancio, cioè "Crack a bottle" con i feat. dello stesso Dre e di 50 Cent (gli unici due ospiti dell'intero disco, rendiamone merito) è potente, ma talmente autocelebrativa da risultare "già sentita". Non sfugge nemmeno "We made you", il secondo singolo (quello con il videoclip pieno di parodie), che gioca su facili ritornelli adatti ad altrettanto facili passaggi radiofonici, un rap/pop mainstream forse sin troppo furbo...
Personalmente, a me "Beautiful" non dispiace affatto, così drammatica e struggente. Campionerà pure "Reaching out" dei Queen con Paul Rogers, ma - a livello emozionale - mi ricorda le chitarre elettriche lontane con cui si chiudeva lo splendido "Aquemini" degli Outkast (sulla lunga traccia finale "Chonkyfire"). Allo stesso tempo, però, se devo rimanere più onesto ed obiettivo, penso che gli unici due pezzi realmente validi dell'intero album (solo due?) risultino essere "Old time's sake" (con altre belle rime di Dre, unite ad una base possente ed ossessiva) e "Underground", la traccia che chiude in maniera epica, corale e quasi "gotica" l'intero disco
Nei comunicati stampa, dicono che questo "Relapse" sia da considerare come una "prima parte" del progetto nella sua interezza. Che, insomma, entro la fine dell'anno ne esca anche una seconda (ma ce n'era davvero bisogno?). Appurato che Eminem resta comunque un rapper dalla tecnica incredibile (un talento che gli viene riconosciuto da CHIUNQUE mastichi un po' di hop hop) auguriamoci che questa "seconda parte" alzi un po' il livello medio del suo ritorno, quantomeno in termini di stupore.
sabato 23 maggio 2009
Gossip on saturday.
"Save the cheerleader, save the world!!!"
C'è stato un momento per tutti noi "fumettari", oramai qualche tempo fa, che eravamo talmente in fissa per "Heroes" che ce lo siamo pure visto in lingua originale! Nessuno di noi, quindi, può aver dimenticato la cheerleader con il fattore di guarigione mutante (come Wolverine), cioè l'attrice Hayden Panettiere, di chiare origini italiane.
Lei negli Stati Uniti è una vera celebrità; qui da noi, in Europa, un po' meno. Ha però pensato bene di apparire "da star" all'edizione tuttora in corso del Festival del Cinema di Cannes. Così tra un red carpet e un'esibizione in bikini e cappello da cow boy in una bella barca, la giovane attrice italoamericana ha sfoggiato ai paparazzi un nuovo tatuaggio lungo la schiena, che - nella sua intenzione - è probabilmente stato realizzato come OMAGGIO alla sue radici italiane.
Peccato però che nè lei, nè il suo tatuatore di fiducia, conoscano poi così bene la nostra lingua: ecco che infatti "Vivere senza rimipianti" (la frase in questione) abbia una "i" di troppo!!! • Ah ah ah ;)
C'è stato un momento per tutti noi "fumettari", oramai qualche tempo fa, che eravamo talmente in fissa per "Heroes" che ce lo siamo pure visto in lingua originale! Nessuno di noi, quindi, può aver dimenticato la cheerleader con il fattore di guarigione mutante (come Wolverine), cioè l'attrice Hayden Panettiere, di chiare origini italiane.
Lei negli Stati Uniti è una vera celebrità; qui da noi, in Europa, un po' meno. Ha però pensato bene di apparire "da star" all'edizione tuttora in corso del Festival del Cinema di Cannes. Così tra un red carpet e un'esibizione in bikini e cappello da cow boy in una bella barca, la giovane attrice italoamericana ha sfoggiato ai paparazzi un nuovo tatuaggio lungo la schiena, che - nella sua intenzione - è probabilmente stato realizzato come OMAGGIO alla sue radici italiane.
Peccato però che nè lei, nè il suo tatuatore di fiducia, conoscano poi così bene la nostra lingua: ecco che infatti "Vivere senza rimipianti" (la frase in questione) abbia una "i" di troppo!!! • Ah ah ah ;)
venerdì 22 maggio 2009
Conigli bianchi e design.
Premesso che non sono MAI stato un granchè in fissa per gli art toys in vinile (resto anzi spesso molto più stupito da certi paper toys incredibili realizzati da grafici o writers), c'è sempre un "ma", soprattutto quando "MA questa è un'altra storia"...
Si, insomma, tenendo conto che eravamo alla Romanina solo perchè Tere doveva comprare dei calzini nuovi per Giulia, e che - tra tanti - siamo entrati in questo negozio Obaibi, che sarebbe una marchio francese del gruppo Okaidi (presente con i propri punti vendita monomarca in molti centri commerciali) specializzato in bimbi da 0 a 5 anni. E io ero lì, ad aspettare questa lunga scelta (per un paio di calzini di cotone?) anche un po' scoglionato. Girovagando per il negozio, che evidentemente non vende solo abbigliamento ma anche tanti curiosi accessori, esposto vicino alla cassa mi imbatto in questo strano coniglio bianco. Non so chi l'abbia creato (sicuramente qualche loro buon designer) e il suo corpo è fatto con le lettere O e B del logo. Al centro della O, due puntini neri, due occhietti stilizzati che ricordano subito certi oggetti/giocattoli creativi. Lo guardo meglio: viene venduto come lumino per bimbi, di quelli "notturni" e "rilassanti". Cazzarola, è più bello di un art toy, altro che calzini, lo compro!!! (anche perchè, diciamolo, Tere nel frattempo col cavolo che s'era limitata ai soli calzini)...
Dopodichè mi accorgo che non è una semplice lucina bianca diffusa dal corpo bianco latte. Fai TAP sul tavolo e si accende con un'intera gamma di colori che colorano tutto ciò che c'è intorno, miscelandosi tra loro - nel passaggio tra l'uno e l'altro - in modo tenue e soffice. Gli fai un altro TAP e si spegne. E' fantastico questo coniglio bianco (solo all'apparenza, bianco). E' bello come la Philips Living Colors, solo che costa 17 euro invece che 149!!! ;)
Giulia (che lo vede come un pupazzo) se lo guarda stupefatta, sgranando gli occhioni, sorridendo.
Ma anche io (che lo vedo come un oggetto di design) ve l'assicuro, se mi metto lì a guardarlo non smetto più.
lunedì 18 maggio 2009
"We are the champions, my friends"...
• Da sinistra, in piedi: Gianluca D'Ottavi, Michele Giammari, Giorgio Giammari, Luca Frazzoli, Marco Giammari, Daniele Conti • In ginocchio: Roberto Conti, Alessio Piccoli, Stefano Piccoli, Michele Piccoli.
Domenica 17 maggio 2009, torneo di Emergency a cinque squadre presso il centro sportivo A.S. Consalvo. Si migliora, amici miei. L'anno scorso (vedi Pagellone) abbiamo preso solo batoste da tutti gli altri, quest'anno tecnicamente secondi, moralmente PRIMI!!! Yeah.
S'è deciso per una gara a punteggio, a mo' di campionato. Noi con due vittorie, un pareggio ed una sconfitta chiudiamo a 7 punti. C'è un'altra squadra (collettivo Tor Vergata) che chiude a 9. Tecnicamente vincono loro, la matematica non è un'opinione. Poi però accettano la sfida dell'ultima partita, quella del "chi vince ora vince tutto". Accettano, i ragazzi. Convinti di vincere. E invece perdono. Ma poi al momento della premiazione dicono di aver vinto loro ai punti, 'sti pischelli. Che fare? So' ragazzi... ;)
Un plauso al sempre più grande Robertino "Furio" Conti che s'è presentato nello spogliatoio con DIVISE NUOVE per tutti. Bianche e rosse, immacolate: maglia/pantaloncini/calzettoni, con il logo di Emergency stampato fresco fresco al centro!!!
domenica 17 maggio 2009
ANIMAls.
E' uscita "ANIMAls".
Trovata in edicola, acquistata.
Citando le parole dell'editoriale di Laura Scarpa (direttore di questo nuovo mensile della Coniglio Editore): "Non vogliamo spiegare non solo il nome, ma neanche la linea editoriale, perchè la rivista - se ha un'anima - si svelerà da sè"... ma se davvero ha un'anima, è un'anima che già non mi piace. Come certe persone molto distinte che conosci ad una cena di amici comuni, con gli occhi stretti e le lebbra fine, di cui - subito (a pelle) - io non mi fido.
Sia chiaro: la rivista è molto bella, realizzata egregiamente, con ottimo gusto, è elegante, dalla grafica sobria e raffinata, con tanti bei nomi che ci scrivono e/o disegnano dentro. Ma è totalmente priva di sense of wonder; nella sua sublimazione estetica è estremamente FREDDA, quindi SENZA anima (a differenza di una "Scuola di fumetto", sempre diretta dalla Scarpa, che invece di CALORE ce ne ha eccome!).
Ricordo che tanti anni fa, quando compravo in edicola "Eureka!", "Corto Maltese" o "L'Eternauta", poi ancora "Il Grifo" o "Nova Express", leggendo le storie "a puntate" degli autori che venivano pubblicati mese dopo mese (e che solitamente poi venivano raccolte in volume qualche tempo dopo), ogni volta che arrivavo al fatidico CONTINUA rimanevo ancora con l'acquolina in bocca, e non vedevo l'ora che arrivasse il mese successivo per poter continuare a leggere quella storia. Mi succedeva con Pratt e Manara (ai tempi dell'Estate Indiana), con Pazienza e Maramotti, con Giardino e Bernet, con Jimenez e Breccia, con Altuna e Corben, con Rotundo e Serpieri. Con tutti. Quelle riviste, per meraviglia e per stupore, alimentavano la mia immaginazione e la mia capacità di sognare ad occhi aperti...
• Ma il tempo, ahimè, scorre inesorabile per tutti (compreso me), lo so bene: dentro "Comic Art" c'era LA RUBRIKA DELLE POLEMIKE di Luigi Bernardi che era davvero una figata assurda, che andavo a leggere subito, non appena avevo la rivista in mano... e ora queste sue "Cronache infedeli" sembrano solo una pallida ombra di quella rubrica!
Se oggi leggo "ANIMAls" trovo si grandi prove di Gipi, di Davide Toffolo (l'unico che in questo primo numero mi abbia realmente emozionato, anche per quel CONTINUA che promette una bella storia), del bravissimo Bastien Vivès con il suo "Cesare" (e mi pare che proprio al Napoli Comicon il collega Rrobe m'avesse detto di tenere d'occhio questo giovane autore) e ancora di Mannelli, di Bacilieri e di un grande Makkox... OK, d'accordo, ma trovo anche altrettanta spocchiosa autoreferenzialità, tanto snobismo puro e semplice, tanto compiacimento della propria intellighenzia (leggi pure noioso intellettualismo), tanto atteggiamento radical chic da fine anni '90. Un po' come la Coconino tutta, per dire, anche se qui siamo in lidi Coniglio.
Sembra una rivista d'autore fatta da autori per autori, una roba "inter nos" da privè, come se i semplici lettori (quelli a cui raccontare, ma anche da INTRATTENERE) non c'entrassero niente!
• Che poi un certo Difforme aggiungerebbe anche "per autori SENSIBILI" ;)
Se parlo da lettore, continuerò comunque a comprarla e leggerla (per il tempo che durerà) perchè personalmente AMO comprare riviste in edicola e leggerle. Se parlassi invece "da direttore" (cioè da uno che fa riviste) con le stesse risorse avrei realizzato un progetto editoriale totalmente differente (sicuramente più "popolare"); ispirandomi al SAPORE - non all'anima - di molte riviste del passato, che mese dopo mese ci facevano leggere bei fumetti senza tirarsela mai.
Rispondendo ad un lettore nella posta del primo numero (?), chi scrive - che potrebbe essere nuovamente la Scarpa, ma anche no! - dice: "Si, è un PROSEGUO, non un ritorno, alle grandi riviste"... uhm, se fosse davvero così, per ora non ci siamo proprio!
Eppure - lo ripeto - continuerò ad acquistare e leggere. Perchè un nuova rivista di fumetti, in edicola, va comunque sostenuta e letta.
P.S. = Davvero impressionanti (straordinari) i disegni di Mattotti su Venezia...
mercoledì 13 maggio 2009
Al parco con Emergency • 2009
• Per ingrandire la locandina, cliccateci sopra
Anche quest'anno - domenica prossima, il 17 maggio - arriva una bella giornata all'aperto interamente organizzata da Emergency. In pratica questo è nuovamente un INVITO!!! :)
Se abitate a Roma, il Parco degli Acquedotti è stupendo, uno degli spazi verdi più belli della città. Ci trovate nel tratto che confina con via Lemonia all'altezza di viale Appio Claudio. Ci saranno diverse attività all'aperto, come le visite guidate o l'animazione per i bambini (vedere la locandina - peraltro realizzata anche stavolta dal sottoscritto - per programma, orari e numeri di telefono per le info); è tutto assolutamente GRATUITO, salvo la vostra eventuale voglia/bontà di acquistare una t-shirt, un libro o una spilletta agli appositi banchetti.
Vi aspettiamo!!!
martedì 12 maggio 2009
Dedicato ad Ottokin.
Il caro Thomas Magnum se n'è accorto subito, sabato sera quando (per altri motivi a cui dedicherò un post apposito) gli ho regalato una copia del nuovo numero del Massacratore. Invece credo che Ottokin (che pure è il diretto interessato, visto che si tratta proprio di lui), pur avendolo sfogliato a lungo mentre viaggiavamo in autostrada verso Napoli, non si sia affatto soffermato sul simpatico poster con dedica che - in questa vignetta - troneggia dietro alle sue spalle...
Eh eh eh ;)
lunedì 11 maggio 2009
Nu-marketing [su "Max Payne"].
Un'operazione curiosa ed interessante (anche se non ho ancora capito a pieno il senso) quella fatta dalla 20th Century Fox Home Entertainment per il lancio nei negozi di "Max Payne", il film di John Moore con Mark Wahlberg (ma anche con Ludacris) tratto dal celebre videogioco della Rockstar North Lmtd./Remedy Ent., che al cinema è stato praticamente un flop, ma che forse vale la pena riscoprire sullo schermo di casa propria.
Dunque: il 7 maggio è uscito un "doppio pack" contenente un disco Blu-ray + un secondo disco DVD al costo del solo Blu-ray (che dovrebbe essere di € 26,90 al pubblico). In questa edizione, il Blu-ray contiene una serie di contenuti speciali (commenti del regista, dello scenografo, del supervisore agli effetti speciali, vari "making of" compresa una suggestiva featurette "alla Frank Miller" di cui ne potete vedere una parte qui sul blog) + una "versione estesa del film non vista nelle sale cinematografiche", mentre nel secondo disco - il DVD - si trova "solo" il film nella versione vista al cinema, senza altro contenuto aggiuntivo.
Dopodichè il 21 maggio esce nei negozi la versione "singola" del DVD (a € 16,90) con gli stessi contenuti speciali - e la stessa "versione estesa" del film - presenti nel disco Blu-ray dell'edizione "doppio pack"... chiaro?
Spesso le logiche e le frontiere del marketing sono davvero imperscrutabili.
A questo punto, ben vengano queste edizioni "doppie" con Blu-ray + DVD confezionati insieme... ma speriamo che il prossimo passo sia metterle in vendita al prezzo del solo DVD!!! ;)
giovedì 7 maggio 2009
L’amour toujours.
Da qualche settimana in televisione passano il nuovo spot della collezione Basic 2009 della catena "Intimissimi". Adlilà della sobrietà stessa dello spot (assai funzionale) e aldilà della straordinaria bellezza della ragazza che lo interpreta (che, per la cronaca, è la modella russa Irina Shaykhlislamov) volevo soffermarmi un momento sulla musica che è stata scelta. Perfetta.
Si tratta di “I’ll fly away with you - (L’amour toujours)” di Sagi Rei. Un brano molto dolce e sensuale, azzarderei anche romantico. Perfetto, come dicevo prima, per descrivere una linea di intimo semplice e sofisticata allo stesso tempo. Comoda e giovanile.
La cosa che invece lascia un po' di stucco è che questa canzone non è altro che la cover in versione "acustica" di "L'amour toujours" di Gigi D'Agostino (un pezzo del 2001), dj e produttore notoriamente COATTO in ogni sua produzione dance/commerciale.
Ma tant'è: ascoltare per credere.
• La versione di Sagi Rei:
• La versione originale di Gigi D'Agostino:
martedì 5 maggio 2009
Sacco o Vanzetti.
ma anche: il rap di Kento.
Il 23 aprile scorso al Rising Love di Roma è stato presentato il video "Sacco o Vanzetti" di Kento, diretto da Elena Fiorenzani, che in pratica è anche il primo singolo dell'omonimo album che uscirà a breve.
Kento - oltre che essere un amico vero, fedele negli anni - secondo me è un rapper con i controcoglioni, le cui liriche sono sempre spesse, colte, taglienti (tempo fa scrivevo che "aldilà delle tematiche sociali ricorrenti nell’hip hop italiano, Kento ha una “coscienza politica” più matura e consapevole") e non a caso l'ho sempre considerato IL MIGLIORE del suo ex-gruppo, cioè Gli Inquilini.
Ora comincia, finalmente, il suo percorso "solista". Io alcune tracce dell'album le ho giò ascoltate e "che ve lo dico a fare?"...
Godetevi la visione di questo ottimo videoclip (la location è il Forte Prenestino, la voce del refrain è del bravo Taiyo "Hyst" Yamanouchi) mentre io colgo l'occasione per pubblicare, sotto, un concept artwork in due parti che - non essendo un mc - avevo realizzato diversi mesi fa come fosse un mio personale featuring al suo nuovo progetto. Che, per inciso, spacca!!! ;)
• Potete ingrandirli, cliccandoci sopra, per leggere il testo...
Il 23 aprile scorso al Rising Love di Roma è stato presentato il video "Sacco o Vanzetti" di Kento, diretto da Elena Fiorenzani, che in pratica è anche il primo singolo dell'omonimo album che uscirà a breve.
Kento - oltre che essere un amico vero, fedele negli anni - secondo me è un rapper con i controcoglioni, le cui liriche sono sempre spesse, colte, taglienti (tempo fa scrivevo che "aldilà delle tematiche sociali ricorrenti nell’hip hop italiano, Kento ha una “coscienza politica” più matura e consapevole") e non a caso l'ho sempre considerato IL MIGLIORE del suo ex-gruppo, cioè Gli Inquilini.
Ora comincia, finalmente, il suo percorso "solista". Io alcune tracce dell'album le ho giò ascoltate e "che ve lo dico a fare?"...
Godetevi la visione di questo ottimo videoclip (la location è il Forte Prenestino, la voce del refrain è del bravo Taiyo "Hyst" Yamanouchi) mentre io colgo l'occasione per pubblicare, sotto, un concept artwork in due parti che - non essendo un mc - avevo realizzato diversi mesi fa come fosse un mio personale featuring al suo nuovo progetto. Che, per inciso, spacca!!! ;)
• Potete ingrandirli, cliccandoci sopra, per leggere il testo...
sabato 2 maggio 2009
Due recensioni.
"Che - Guerriglia" + "Wolverine"
Andare al cinema per vedere solo "Che - Guerriglia" non avrebbe senso. Va inteso come un tutt'uno con la sua prima parte, cioè "L'argentino". Il secondo film di questa immensa (ambiziosissima?) opera cinematografica di Soderbergh è facilmente spiegato dalle parole di Laura Brickford, una delle produttrici: "Ci abbiamo messo tre anni per documentarci sulle vicende che sono diventate "Guerriglia". All'inizio volevamo raccontare in modo dettagliato una sola parte della vita del Che, ma poi abbiamo scoperto che senza realizzare anche "Guerriglia" non saremmo riusciti a spiegare il contesto in cui era nata la decisione del Che di andare in Bolivia".
Se avevo già utilizzato il termine "asciutto" per le prime due ore, stavolta dovrei definirlo "desertico" tanto è crudo e rigoroso. Sembra davvero di rileggere pagina dopo pagina il diario in Bolivia (pubblicato in Italia da Feltrinelli). E lì dove il primo film veniva quantomeno intervallato dai flash in bianco/nero del Che in visita a New York, in "Guerriglia" non c'è tregua: due ore e undici minuti scandite dal solo passare dei giorni! Uno dopo l'altro, sino alla tragica fine. Benicio Del Toro è impressionante, e se ne "L'argentino" ricalcava perfettemanete l'icona classica che siamo abituati a conoscere e riconoscere del Guevara, stavolta trascende il personaggio/uomo, sempre più irriconoscibile nell'aspetto, sempre più perso in una sorta di lucida follia che diventa paradosso, quella che ti spinge a non riuscire più a negare l'evidenza dei fatti, e cioè che la campagna boliviana - aldilà dell'estrema coerenza di un percorso umano e politico - è stata un totale fallimento.
Notevole l'interpretazione di Joaquim De Almeida (che - sia in TV che al cinema - siamo abituati a vedere SEMPRE in ruoli da "cattivo" latinoamericano) in qualità del Presidente della Bolivia Renè Barrientos. Curiosa la partecipazione del redivivo Lou Diamond Philipps nei panni del politico Mario Monje. Assolutamente inutile l'apparizione di Matt Damon (forse un cameo concesso per amicizia?) che interpreta per mezzo minuto un fantomatico Fr. Schwartz (?). Straordinari, invece, tutti i visi "segnati", espressivi, e perfettamente credibili dei numerosi attori non professionisti che interpretano guerriglieri, contadini o soldati dell'esercito regolare di Barrientos.
In una delle sequenze finali, con il Che oramai catturato (poco prima della sua esecuzione), fanno riflettere le parole di un giovanissimo soldato di guardia che - entrando nel capanno dove Guevara è tenuto prigioniero, legato, sporco, sfinito, con i piedi nudi sul terriccio - gli dice qualcosa del tipo: "Non ti dice niente il fatto che tu sia qui, in questo stato, mentre Fidel Castro partecipa ai ricevimenti, gira in Rolls Royce e beve champagne?".
Giudizio complessivo: uhm, meno male che questo film non l'ha più fatto Oliver Stone!!!
"X-Men - Le origini: Wolverine" è un film esagerato, kitch e al contempo molto divertente. Se fosse realmente il quarto film sugli "X-Men", probabilmente sarebbe il migliore (senza che ce ne voglia il bravo Bryan Singer). Ma d'altronde - si sa - Logan è il migliore in quello che fa!!! ;)
La sceneggiatura del film, firmata da David Benioff e Skip Woods, è davvero sopra la media rispetto a quelle cui siamo solitamente abitauati in ogni blockbuster tratto dai fumetti Marvel, soprattutto nella sua prima parte basata tanto su "Wolverine: Origin" di Paul Jenkins e Adam Kubert (la mini-serie nella quale scoprimmo che Logan si chiama James Howlett, ricordate?) quanto sul celeberrimo "Weapon X" di Barry Windsor-Smith. Pian piano che la pellicola procede, Benioff e Woods si prendono sempre più libertà e - proprio nel divenire "sceneggiatura originale" - si incartano un po' sul finale, cosa che - ahimè! - sembra avvenire regolarmente in OGNI film tratto da fumetti di supereroi (e in effetti continuo a non capire come mai le case cinematografiche non affidino mai agli scrittori di fumetti le sceneggiature dei propri film, visto che quasi sempre le semplici storie dei comic-book mensili superano di gran lunga quelle cinematografiche!!!).
Una bella regia di Gavin Hood (che personalmente ricordo solo per "Rendition" del 2007), fresca, dinamica e piacevolemnte "coatta" (vedere la scena in cui Logan, a cui hanno appena fuso l'adamantio nello scheletro, si libera di tubi e cavi e riemerge dalla vasca in cui è immerso). Molto bella la sigla iniziale, che ripercorre tutte le guerre combattute fianco a fianco da Logan e Victor Creed/Sabretooth (magistralmente intepretato da Liev Schreiber), che in questa pellicola sono fratelli di sangue, figli dello stesso padre. Probabilmente, in effetti, il loro rapporto - come nasce, come cresce, come si sviluppa negli anni - è la cosa migliore di tutto il film.
E poi che altro ancora? E poi ci sono il giubbotto di pelle, la vecchia moto rombante, le piastrine militari, gli inseguimenti, gli artigli che producono scintille in ogni momento, le lotte e le botte, gli effetti speciali. Appare un giovane Scott Summers (che assomiglia in modo impressionante all'attore James Marsden, cioè il Ciclope della trilogia dedicata agli Uomini X); appare per la prima volta Remy Le Beau a.k.a. Gambit, uno dei personaggi più affascinanti di tutta la lunga saga fumettistica degli X-Men, che qui invece sembra un belloccio mezzo idiota (ma parlano già di un suo prossimo sviluppo cinematografico); appare un irriconoscibile Wade Wilson a.k.a. Deadpool; appare - infine - anche una giovane prigioniera che può trasformare la propria pelle in diamante puro, e che risponde al nome di Emma Frost, qui improbabile sorella di Volpe D'Argento!
Ultima menzione per Hugh Jackman, che - aldilà dell'essere "bravo" o meno - per noi tutti oramai è Wolverine. E non potrebbe più essere altrimenti: è lui, punto e basta. Jackman = Logan... come faremo se mai in futuro decidessero di cambiare attore?!?
Andare al cinema per vedere solo "Che - Guerriglia" non avrebbe senso. Va inteso come un tutt'uno con la sua prima parte, cioè "L'argentino". Il secondo film di questa immensa (ambiziosissima?) opera cinematografica di Soderbergh è facilmente spiegato dalle parole di Laura Brickford, una delle produttrici: "Ci abbiamo messo tre anni per documentarci sulle vicende che sono diventate "Guerriglia". All'inizio volevamo raccontare in modo dettagliato una sola parte della vita del Che, ma poi abbiamo scoperto che senza realizzare anche "Guerriglia" non saremmo riusciti a spiegare il contesto in cui era nata la decisione del Che di andare in Bolivia".
Se avevo già utilizzato il termine "asciutto" per le prime due ore, stavolta dovrei definirlo "desertico" tanto è crudo e rigoroso. Sembra davvero di rileggere pagina dopo pagina il diario in Bolivia (pubblicato in Italia da Feltrinelli). E lì dove il primo film veniva quantomeno intervallato dai flash in bianco/nero del Che in visita a New York, in "Guerriglia" non c'è tregua: due ore e undici minuti scandite dal solo passare dei giorni! Uno dopo l'altro, sino alla tragica fine. Benicio Del Toro è impressionante, e se ne "L'argentino" ricalcava perfettemanete l'icona classica che siamo abituati a conoscere e riconoscere del Guevara, stavolta trascende il personaggio/uomo, sempre più irriconoscibile nell'aspetto, sempre più perso in una sorta di lucida follia che diventa paradosso, quella che ti spinge a non riuscire più a negare l'evidenza dei fatti, e cioè che la campagna boliviana - aldilà dell'estrema coerenza di un percorso umano e politico - è stata un totale fallimento.
Notevole l'interpretazione di Joaquim De Almeida (che - sia in TV che al cinema - siamo abituati a vedere SEMPRE in ruoli da "cattivo" latinoamericano) in qualità del Presidente della Bolivia Renè Barrientos. Curiosa la partecipazione del redivivo Lou Diamond Philipps nei panni del politico Mario Monje. Assolutamente inutile l'apparizione di Matt Damon (forse un cameo concesso per amicizia?) che interpreta per mezzo minuto un fantomatico Fr. Schwartz (?). Straordinari, invece, tutti i visi "segnati", espressivi, e perfettamente credibili dei numerosi attori non professionisti che interpretano guerriglieri, contadini o soldati dell'esercito regolare di Barrientos.
In una delle sequenze finali, con il Che oramai catturato (poco prima della sua esecuzione), fanno riflettere le parole di un giovanissimo soldato di guardia che - entrando nel capanno dove Guevara è tenuto prigioniero, legato, sporco, sfinito, con i piedi nudi sul terriccio - gli dice qualcosa del tipo: "Non ti dice niente il fatto che tu sia qui, in questo stato, mentre Fidel Castro partecipa ai ricevimenti, gira in Rolls Royce e beve champagne?".
Giudizio complessivo: uhm, meno male che questo film non l'ha più fatto Oliver Stone!!!
"X-Men - Le origini: Wolverine" è un film esagerato, kitch e al contempo molto divertente. Se fosse realmente il quarto film sugli "X-Men", probabilmente sarebbe il migliore (senza che ce ne voglia il bravo Bryan Singer). Ma d'altronde - si sa - Logan è il migliore in quello che fa!!! ;)
La sceneggiatura del film, firmata da David Benioff e Skip Woods, è davvero sopra la media rispetto a quelle cui siamo solitamente abitauati in ogni blockbuster tratto dai fumetti Marvel, soprattutto nella sua prima parte basata tanto su "Wolverine: Origin" di Paul Jenkins e Adam Kubert (la mini-serie nella quale scoprimmo che Logan si chiama James Howlett, ricordate?) quanto sul celeberrimo "Weapon X" di Barry Windsor-Smith. Pian piano che la pellicola procede, Benioff e Woods si prendono sempre più libertà e - proprio nel divenire "sceneggiatura originale" - si incartano un po' sul finale, cosa che - ahimè! - sembra avvenire regolarmente in OGNI film tratto da fumetti di supereroi (e in effetti continuo a non capire come mai le case cinematografiche non affidino mai agli scrittori di fumetti le sceneggiature dei propri film, visto che quasi sempre le semplici storie dei comic-book mensili superano di gran lunga quelle cinematografiche!!!).
Una bella regia di Gavin Hood (che personalmente ricordo solo per "Rendition" del 2007), fresca, dinamica e piacevolemnte "coatta" (vedere la scena in cui Logan, a cui hanno appena fuso l'adamantio nello scheletro, si libera di tubi e cavi e riemerge dalla vasca in cui è immerso). Molto bella la sigla iniziale, che ripercorre tutte le guerre combattute fianco a fianco da Logan e Victor Creed/Sabretooth (magistralmente intepretato da Liev Schreiber), che in questa pellicola sono fratelli di sangue, figli dello stesso padre. Probabilmente, in effetti, il loro rapporto - come nasce, come cresce, come si sviluppa negli anni - è la cosa migliore di tutto il film.
E poi che altro ancora? E poi ci sono il giubbotto di pelle, la vecchia moto rombante, le piastrine militari, gli inseguimenti, gli artigli che producono scintille in ogni momento, le lotte e le botte, gli effetti speciali. Appare un giovane Scott Summers (che assomiglia in modo impressionante all'attore James Marsden, cioè il Ciclope della trilogia dedicata agli Uomini X); appare per la prima volta Remy Le Beau a.k.a. Gambit, uno dei personaggi più affascinanti di tutta la lunga saga fumettistica degli X-Men, che qui invece sembra un belloccio mezzo idiota (ma parlano già di un suo prossimo sviluppo cinematografico); appare un irriconoscibile Wade Wilson a.k.a. Deadpool; appare - infine - anche una giovane prigioniera che può trasformare la propria pelle in diamante puro, e che risponde al nome di Emma Frost, qui improbabile sorella di Volpe D'Argento!
Ultima menzione per Hugh Jackman, che - aldilà dell'essere "bravo" o meno - per noi tutti oramai è Wolverine. E non potrebbe più essere altrimenti: è lui, punto e basta. Jackman = Logan... come faremo se mai in futuro decidessero di cambiare attore?!?
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