giovedì 27 ottobre 2011
Paco Roca + David Rubìn
In atmosfera oramai quasi lucchese, segnalo il lancio dei due blog ufficiali - in italiano! - di Paco Roca e David Rubìn, entrambi miei "colleghi" in scuderia Tunué, con i quali avrò l'onore di dividere/condividere il tavolo dal disegno proprio in occasione di Lucca Comics :)
Beh, va da sè che da oggi li troverete anche tra i link sul blogroll alla vostra destra.
Sono peraltro diversi mesi che ho sul mio desktop una recensione de "L'inverno del disegnatore" (che ho letto da un pezzo, ormai) e che non ho mai completato, ma nella quale affermavo come - al di là del suo accaldatissimo "Rughe" (di cui proprio sul nuovo blog potete già ammirare il trailer del film d'animazione che ne è stato tratto) - questo ultimo volume di Roca sia in assoluto uno dei più bei libri a fumetti che io abbia letto nell'ultimo anno, per il suo tema (fumettisti, riviste e case editrici), per le sue dettagliate ricostruzioni storiche e sociali, per quell'atmosfera perfetta che permea tutto il romanzo anche nella colorazione, proiettandoci sin dalla splendida copertina in una Barcellona franchista così retrò.
Nonostante lo abbia preso a Narnia Fumetto, cioè ormai diversi mesi fa, devo invece ancora leggere "L'eroe" di Rubìn, che mi dicono tutti essere assai bello, ma che - mea culpa! - proprio per la mole della sue pagine è lì in attesa del momento più adatto alla lettura sul mio comodino. Ancora intonso, pronto per essere aperto e sfogliato.
Mmmh, credo sia comunque meglio che nei tre giorni che passerò a Lucca incrociandomi allo stand con lui, io eviti abilmente di parlare del contenuto del libro ;)
martedì 25 ottobre 2011
SOA.04 in progress
ancora su serie TV • pt.2
Un sempre più avido Clay, non contento del traffico di armi con gli irlandesi, trascina SAMCRO nel mercato della droga (da sempre vietato dal regolamento del club) accordandosi con il Cartello messicano. Nell'episodio S04E02 i Sons of Anarchy devono incontrare il loro uomo di riferimento in California e… salta fuori Machete!!!
La coattanza avanza.
Se non bastasse Danny Trejo nella parte del narcotrafficante Romeo Parada, nell'episodio S04E04 il nostro buon Kurt Sutter - con un colpo di scena decisamente più buffo - fa sbucare Michael Knight direttamente da Supercar… no, anzi: Mitch Buchannon da Baywatch… insomma: un David Hasselhoff tirato fuori dalla naftalina (e liftato come non mai) che interpreta l'ex pornodivo superdotato Dondo - Dondo?!? - ora diventato regista :)
E la quarta stagione non è ancora finita…
Un sempre più avido Clay, non contento del traffico di armi con gli irlandesi, trascina SAMCRO nel mercato della droga (da sempre vietato dal regolamento del club) accordandosi con il Cartello messicano. Nell'episodio S04E02 i Sons of Anarchy devono incontrare il loro uomo di riferimento in California e… salta fuori Machete!!!
La coattanza avanza.
Se non bastasse Danny Trejo nella parte del narcotrafficante Romeo Parada, nell'episodio S04E04 il nostro buon Kurt Sutter - con un colpo di scena decisamente più buffo - fa sbucare Michael Knight direttamente da Supercar… no, anzi: Mitch Buchannon da Baywatch… insomma: un David Hasselhoff tirato fuori dalla naftalina (e liftato come non mai) che interpreta l'ex pornodivo superdotato Dondo - Dondo?!? - ora diventato regista :)
E la quarta stagione non è ancora finita…
giovedì 20 ottobre 2011
THE WIRE
"the greatest television series ever made"
Diverso tempo fa ho scritto un libro su "The Shield"; se esistesse ancora la collana Entertainment Now! della Coniglio Editore, adesso gli proporrei un intero nuovo libro su "The Wire". Ma - ahimè - non è più tempo per farlo.
Ora, perché inizio questo post citando proprio "The Shield"?
Perché se non fosse già il mio serial preferito di sempre, al vertice della mia personale classifica ora svetterebbe "The Wire", che ho finalmente - o sfortunatamente? - terminato di vedere qualche sera fa.
Fine delle cinque stagioni.
Fine dei giochi.
Paragonato al grande affresco poliziesco della HBO, anche lo Scudo di Shawn Ryan - da sempre unanimemente riconosciuto come uno dei più crudi e realistici della televisione - sembra una fiction tutta azione e inseguimenti, con un protagonista (Vic Mackey) che, pur se assai carismatico, nella realtà dei sobborghi di Los Angeles (Compton, South Central e via dicendo) sarebbe tutt'altro che credibile. Allora, forse, anche la finzione del luogo (la fittizia Farmington) assume più senso in quest'ottica.
In "The Wire" no.
"The Wire" si svolge a Baltimora, che - insieme a Detroit - si spartisce la nomea di città con il più alto numero di omicidi degli Stati Uniti. I luoghi in cui si dipana il serial sono VERI, uno ad uno. Ogni quartiere, ogni strada, ogni incrocio. Così come la mappa del crimine organizzato - e delle sue dinamiche - che è stata dettagliatamente ricostruita da David Simon (creatore della serie ed ex giornalista di cronaca giudiziaria del "The Sun" di Baltimora, la cui redazione viene ben rappresentata nell'ultima stagione) e da Ed Burns (ex detective della Polizia di Baltimora ed ex insegnante della scuola pubblica). Non a caso, Simon e Burns hanno scritto insieme diversi libri polizieschi dove magistratura e Polizia interagiscono insieme, proprio come in "Law and Order".
"The Wire" è iper-realisitco anche nei tempi narrativi, sin dalla prima serie.
Le lungaggini burocratiche per ottenere i permessi di un'intercettazione telefonica e per allestire adeguatamente un'indagine durano almeno la metà della stagione. Seguono una logica reale, nelle lentezze reali che intercorrono tra le sezioni investigative e le loro amministrazioni di riferimento, quindi i budget che spesso vengono negati e le frustrazioni professionali che ne possono derivare. Elemento - questa lentezza - che può concorrere ad una certa difficoltà nell'entrare subito in sintonia con la serie, a cui va aggiunto anche l'intricato impianto corale su cui è costruita a livello di protagonisti (poliziotti, detective, ufficiali, criminali, politici, portuali, insegnanti, spacciatori, giudici e avvocati) che - per lo spettatore alle prime armi, o comunque abituato a telefilm di ben più facile lettura - può costituire un ulteriore ostacolo.
Superate queste difficoltà iniziali, ecco però che "The Wire" si dipana stagione dopo stagione - in sessanta episodi totali con uno sviluppo interamente orizzontale (quelli che io amo maggiormente) - alzandosi di livello ad ogni nuovo ciclo.
01. La prima serie affronta lo spaccio di strada nudo e crudo, con i suoi protagonisti e i suoi metodi.
02. La seconda serie si sposta nell'area portuale (tenete conto che quello di Baltimora è il porto più importante degli Usa) con le corruzioni doganali, i sindacati, le connessioni sia al traffico di droga della città che al crimine organizzato più elevato.
03. La terza serie - in diretta conseguenza allo slogan "segui i soldi" del detective Freamon - si concentra sull'amministrazione cittadina, quindi la politica locale, gli appalti edilizi, le primarie per la nuova carica di Sindaco, la peggior burocrazia, ma ipotizza anche la soluzione al problema della droga attraverso un piano impossibile (denominato Amsterdam) ideato da una polizia che brancola nel buio, messa sotto pressione proprio da quell'amministrazione che il problema lo pone solo in termini statistici per scopi propagandistici.
04. La quarta serie affronta il tema della pubblica istruzione: la scuola, ma anche la condizione dei ragazzini neri che vivono in stato di povertà, l'alternativa che offre loro lo spaccio agli angoli delle strade (l'affermazione territoriale, il denaro facile) con la rapida ascesa di nuovi leader e nuove organizzazioni non appena quelle precedenti finiscono in galera.
05. La quinta ed ultima serie analizza i media, il loro ruolo sia verso le problematiche sociali della città (la droga, i senzatetto) che verso le istituzioni politiche (il sindaco, ma anche la corruzione di altri livelli di Contea e Stato); analizza il ruolo di un quotidiano attraverso la sua credibilità e ciò che dovrebbe essere vero giornalismo, toccando anche il tema della crisi della carta stampata, il precariato, i licenziamenti.
Ogni serie sembra un unico grande film lungo dieci ore e passa.
Crudo, complicato, asciuttissimo, senza fronzoli di alcun tipo, con una delineazione dei personaggi (che sono davvero tanti) senza precedenti.
Solo ora capisco perché - nonostante in Italia sia passato quasi completamente inosservato e negli Usa non abbia mai goduto degli ascolti di tanti serial assai più famosi - in termini di qualità sia stato definito dalla critica come "la miglior serie televisiva di tutti i tempi"!!!
Merito certamente di David Simon e degli autori di cui si è circondato. Siamo d'accordo.
Ma - in questo caso più che mai - merito anche (e soprattutto) di una serie di attori straordinari e azzeccatissimi… di cui nemmeno uno "famoso" in senso hollywoodiano! Sarebbe troppo facile esaltare l'aspetto fascinoso del crimine, che trova nelle due fazioni più importanti i suoi protagonisti: Avon Barksdale (interpretato da Wood Harris) e Marlo Stanfield (l'attore Jamie Hector). Sarebbe facile e sciocco, perché "The Wire" ha ALTRI personaggi/attori che lo rendono ciò che è.
Su tutti, sicuramente brillano Stringer Bell (il braccio destro di Barksdsale, che pur provenendo dalla strada intuisce un futuro imprenditoriale, interpretato da Idris Elba), il barbone tossicodipendente Bubbles (il bravissimo Andre Royo), il portuale Frank Sobotka (Chris Bauer, presente solo nella seconda serie, che il pubblico italiano conosce per il suo ruolo dello sceriffio Bellefleur in "True Blood"), il ladro e assassino di criminali Omar Little (gay in un ambiente che fa del machismo uno delle sue connotazioni più forti e riconoscibili, interpretato da un solidissimo Michael K. Williams, probabilmente nella miglior caratterizzazione di tutta la serie insieme a Bubbles) e ancora tante altre perle come l'anticonformista Maggiore Howard "Bunny" Colvin, il retto Tenente-poi-Colonnello-poi-Commissario Cedric Daniels, il zelante detective Freamon, il sindaco Tommy Carcetti, la capace PM Rhonda Pearlman, i detective Bunk Moreland (sempre elegantissimo) e Kima Greggs (altro elemento omosessuale della serie)… senza contare i ragazzini neri della quarta serie o la numerosa compagine di mogli/ex-mogli/figli/amanti che riportano l'elemento umano - e quotidiano - su entrambi i lati della barricata, che siano sbirri o gangsta!
Il primo nome della sigla è però quello di Dominic West, interprete del detective Jimmy NcNulty, che - a prima vista - potrebbe sembrare il protagonista del serial. Vero che sin dalla prima stagione è proprio lui (con il suo caratteraccio insofferente alle gerarchie) ad innescare un meccanismo che culmina nell'ultima stagione, con qualcosa di IMPENSABILE anche per un poliziotto. Ma vero anche che per esempio - nella quarta serie, quella "scolastica" - NcNulty appare solo una manciata di volte, in un ruolo assolutamente secondario. Insolito, nevvero?
Ah, dimenticavo che nelle due stagioni conclusive c'è anche Method Man, con una parte non propriamente brillante: veste infatti i panni di Calvin "Cheese" Wagstaff, un infame che avrà la fine che merita!
Mille altri motivi, oltre ai miei, per non perdersi "The Wire".
Per non perdersi un tale livello di qualità raggiunto dalla televisione.
E io ora, come sempre, andrò in crisi di astinenza rimanendone senza...
Poi mi abituerò. Così come per "The Shield" o per "Sons of Anarchy". Ecco: che con "The Wire" oramai occupano il podio delle prime tre posizioni del mio gradimento (quindi soltanto DOPO vengono i Soprano, Battlestar Galactica, Dexter, Game of Thrones o qualsiasi altra serie ora non mi venga in mente).
Ma prima che mi prenda la scimmia, buona sorte vuole che sia appena iniziata la quarta stagione dei Figli dell'Anarchia.
Meno male, so come disintossicarmi ;)
Diverso tempo fa ho scritto un libro su "The Shield"; se esistesse ancora la collana Entertainment Now! della Coniglio Editore, adesso gli proporrei un intero nuovo libro su "The Wire". Ma - ahimè - non è più tempo per farlo.
Ora, perché inizio questo post citando proprio "The Shield"?
Perché se non fosse già il mio serial preferito di sempre, al vertice della mia personale classifica ora svetterebbe "The Wire", che ho finalmente - o sfortunatamente? - terminato di vedere qualche sera fa.
Fine delle cinque stagioni.
Fine dei giochi.
Paragonato al grande affresco poliziesco della HBO, anche lo Scudo di Shawn Ryan - da sempre unanimemente riconosciuto come uno dei più crudi e realistici della televisione - sembra una fiction tutta azione e inseguimenti, con un protagonista (Vic Mackey) che, pur se assai carismatico, nella realtà dei sobborghi di Los Angeles (Compton, South Central e via dicendo) sarebbe tutt'altro che credibile. Allora, forse, anche la finzione del luogo (la fittizia Farmington) assume più senso in quest'ottica.
In "The Wire" no.
"The Wire" si svolge a Baltimora, che - insieme a Detroit - si spartisce la nomea di città con il più alto numero di omicidi degli Stati Uniti. I luoghi in cui si dipana il serial sono VERI, uno ad uno. Ogni quartiere, ogni strada, ogni incrocio. Così come la mappa del crimine organizzato - e delle sue dinamiche - che è stata dettagliatamente ricostruita da David Simon (creatore della serie ed ex giornalista di cronaca giudiziaria del "The Sun" di Baltimora, la cui redazione viene ben rappresentata nell'ultima stagione) e da Ed Burns (ex detective della Polizia di Baltimora ed ex insegnante della scuola pubblica). Non a caso, Simon e Burns hanno scritto insieme diversi libri polizieschi dove magistratura e Polizia interagiscono insieme, proprio come in "Law and Order".
"The Wire" è iper-realisitco anche nei tempi narrativi, sin dalla prima serie.
Le lungaggini burocratiche per ottenere i permessi di un'intercettazione telefonica e per allestire adeguatamente un'indagine durano almeno la metà della stagione. Seguono una logica reale, nelle lentezze reali che intercorrono tra le sezioni investigative e le loro amministrazioni di riferimento, quindi i budget che spesso vengono negati e le frustrazioni professionali che ne possono derivare. Elemento - questa lentezza - che può concorrere ad una certa difficoltà nell'entrare subito in sintonia con la serie, a cui va aggiunto anche l'intricato impianto corale su cui è costruita a livello di protagonisti (poliziotti, detective, ufficiali, criminali, politici, portuali, insegnanti, spacciatori, giudici e avvocati) che - per lo spettatore alle prime armi, o comunque abituato a telefilm di ben più facile lettura - può costituire un ulteriore ostacolo.
Superate queste difficoltà iniziali, ecco però che "The Wire" si dipana stagione dopo stagione - in sessanta episodi totali con uno sviluppo interamente orizzontale (quelli che io amo maggiormente) - alzandosi di livello ad ogni nuovo ciclo.
01. La prima serie affronta lo spaccio di strada nudo e crudo, con i suoi protagonisti e i suoi metodi.
02. La seconda serie si sposta nell'area portuale (tenete conto che quello di Baltimora è il porto più importante degli Usa) con le corruzioni doganali, i sindacati, le connessioni sia al traffico di droga della città che al crimine organizzato più elevato.
03. La terza serie - in diretta conseguenza allo slogan "segui i soldi" del detective Freamon - si concentra sull'amministrazione cittadina, quindi la politica locale, gli appalti edilizi, le primarie per la nuova carica di Sindaco, la peggior burocrazia, ma ipotizza anche la soluzione al problema della droga attraverso un piano impossibile (denominato Amsterdam) ideato da una polizia che brancola nel buio, messa sotto pressione proprio da quell'amministrazione che il problema lo pone solo in termini statistici per scopi propagandistici.
04. La quarta serie affronta il tema della pubblica istruzione: la scuola, ma anche la condizione dei ragazzini neri che vivono in stato di povertà, l'alternativa che offre loro lo spaccio agli angoli delle strade (l'affermazione territoriale, il denaro facile) con la rapida ascesa di nuovi leader e nuove organizzazioni non appena quelle precedenti finiscono in galera.
05. La quinta ed ultima serie analizza i media, il loro ruolo sia verso le problematiche sociali della città (la droga, i senzatetto) che verso le istituzioni politiche (il sindaco, ma anche la corruzione di altri livelli di Contea e Stato); analizza il ruolo di un quotidiano attraverso la sua credibilità e ciò che dovrebbe essere vero giornalismo, toccando anche il tema della crisi della carta stampata, il precariato, i licenziamenti.
Ogni serie sembra un unico grande film lungo dieci ore e passa.
Crudo, complicato, asciuttissimo, senza fronzoli di alcun tipo, con una delineazione dei personaggi (che sono davvero tanti) senza precedenti.
Solo ora capisco perché - nonostante in Italia sia passato quasi completamente inosservato e negli Usa non abbia mai goduto degli ascolti di tanti serial assai più famosi - in termini di qualità sia stato definito dalla critica come "la miglior serie televisiva di tutti i tempi"!!!
Merito certamente di David Simon e degli autori di cui si è circondato. Siamo d'accordo.
Ma - in questo caso più che mai - merito anche (e soprattutto) di una serie di attori straordinari e azzeccatissimi… di cui nemmeno uno "famoso" in senso hollywoodiano! Sarebbe troppo facile esaltare l'aspetto fascinoso del crimine, che trova nelle due fazioni più importanti i suoi protagonisti: Avon Barksdale (interpretato da Wood Harris) e Marlo Stanfield (l'attore Jamie Hector). Sarebbe facile e sciocco, perché "The Wire" ha ALTRI personaggi/attori che lo rendono ciò che è.
Su tutti, sicuramente brillano Stringer Bell (il braccio destro di Barksdsale, che pur provenendo dalla strada intuisce un futuro imprenditoriale, interpretato da Idris Elba), il barbone tossicodipendente Bubbles (il bravissimo Andre Royo), il portuale Frank Sobotka (Chris Bauer, presente solo nella seconda serie, che il pubblico italiano conosce per il suo ruolo dello sceriffio Bellefleur in "True Blood"), il ladro e assassino di criminali Omar Little (gay in un ambiente che fa del machismo uno delle sue connotazioni più forti e riconoscibili, interpretato da un solidissimo Michael K. Williams, probabilmente nella miglior caratterizzazione di tutta la serie insieme a Bubbles) e ancora tante altre perle come l'anticonformista Maggiore Howard "Bunny" Colvin, il retto Tenente-poi-Colonnello-poi-Commissario Cedric Daniels, il zelante detective Freamon, il sindaco Tommy Carcetti, la capace PM Rhonda Pearlman, i detective Bunk Moreland (sempre elegantissimo) e Kima Greggs (altro elemento omosessuale della serie)… senza contare i ragazzini neri della quarta serie o la numerosa compagine di mogli/ex-mogli/figli/amanti che riportano l'elemento umano - e quotidiano - su entrambi i lati della barricata, che siano sbirri o gangsta!
Il primo nome della sigla è però quello di Dominic West, interprete del detective Jimmy NcNulty, che - a prima vista - potrebbe sembrare il protagonista del serial. Vero che sin dalla prima stagione è proprio lui (con il suo caratteraccio insofferente alle gerarchie) ad innescare un meccanismo che culmina nell'ultima stagione, con qualcosa di IMPENSABILE anche per un poliziotto. Ma vero anche che per esempio - nella quarta serie, quella "scolastica" - NcNulty appare solo una manciata di volte, in un ruolo assolutamente secondario. Insolito, nevvero?
Ah, dimenticavo che nelle due stagioni conclusive c'è anche Method Man, con una parte non propriamente brillante: veste infatti i panni di Calvin "Cheese" Wagstaff, un infame che avrà la fine che merita!
Mille altri motivi, oltre ai miei, per non perdersi "The Wire".
Per non perdersi un tale livello di qualità raggiunto dalla televisione.
E io ora, come sempre, andrò in crisi di astinenza rimanendone senza...
Poi mi abituerò. Così come per "The Shield" o per "Sons of Anarchy". Ecco: che con "The Wire" oramai occupano il podio delle prime tre posizioni del mio gradimento (quindi soltanto DOPO vengono i Soprano, Battlestar Galactica, Dexter, Game of Thrones o qualsiasi altra serie ora non mi venga in mente).
Ma prima che mi prenda la scimmia, buona sorte vuole che sia appena iniziata la quarta stagione dei Figli dell'Anarchia.
Meno male, so come disintossicarmi ;)
martedì 18 ottobre 2011
cara Apple, ti scrivo...
… ti scrivo non in veste di giornalista, ma stavolta semplicemente come consumatore. Mettendoti in copia alle redazioni del Corriere della Sera, di Repubblica, del Messaggero e di Altro Consumo, nonché - pubblicamente - sul mio blog personale e su Facebook.
Ti scrivo perché da qualche giorno l'alimentatore del mio MacBook Pro 17'' - cioè un 85 W MagSafe Power Adapter - stava dando dei primi segni di malfunzionamento, e ieri sera ha ceduto! Quindi, quando anche la batteria si è scaricata del tutto, senza alimentazione non potevo più nemmeno accendere il mio Macintosh.
Il problema?
Semplice: i "dentini" metallici dello spinotto magnetico si sono inevitabilmente compromessi per via dell'usura e del tempo, e - credimi - posso capirlo (anche se non capisco come mai tutte le tue macchine sembrino tarate per danneggiarsi esattamente DOPO i tre anni di garanzia della tua Apple Care Protection Plan, ma sono certo che mi perdonerai questa innocua battuta).
La tua soluzione?
Acquistare un nuovo alimentatore per soli € 79.
Questa mattina mi sono recato al tuo rinomato Apple Store del centro commerciale Roma Est, dove i tuoi preparati dipendenti dell'assistenza tecnica mi hanno spiegato che - pur trattandosi di uno spinotto poco più grande di un centimetro e mezzo - non si poteva sostituire e/o riparare, ma bisognava necessariamente acquistare l'intero MagSafe Power Adapter nuovo. Anche se tutto il resto (cavi, corpo, adattatore europeo e presa Siemens) funzionano ancora perfettamente. In poche parole: non concedi l'opzione di acquistare il singolo spinotto magnetico!
Ora, chi ha un minimo di cognizioni elettriche, sa bene che se si rompe la spina del cavo di alimentazione di un qualsiasi elettrodomestico, basta sostituirla tagliando i fili e riconnettendoli con le apposite vitarelle (nelle prese in sicurezza) o unendoli tra loro intrecciando il rame e proteggendo il tutto con un po' di nastro isolante. Ed il gioco è fatto. In caso di spinotti più elaborati (come per certi impianti HI FI audio o video) può essere necessaria una saldatura professionale, siamo d'accordo.
Ma il punto è che una volta SE QUALCOSA SI ROMPEVA, si cercava di RIPARARLA!!! Prima di gettarla via per acquistarne una nuova, si tentava di AGGIUSTARLA!!!
Su, non hai anche tu dei nonni che ti hanno insegnato nozioni basilari come questa?
Non sono propriamente un Apple addicted come va tanto di moda oggi, ma - forse più di molti di loro - uso i tuoi Macintosh da quasi diciotto anni. Non sono ancora cascato nella tua trappola tutta fashionista del'iPhone o del'iPad, ma ho lavorato sul Macintosh LC II, sul Power Mac G3, sul'iMac G4 e G5 e sui tuoi MacBook (tenendo conto che questo da cui ti scrivo è già il terzo)... quindi dove voglio arrivare?
Alle tue attuali politiche economiche ed eco-ambientali.
Perché per farmi acquistare un nuovo MagSafe Power Adapter nel suo bellissimo box nero di grande appeal e design (altra plastica, altro metallo, altro cartone, altri inchiostri tipografici) anziché riparare quello vecchio sostituendo solamente lo spinotto, tu concorri ad almeno tre cose assai deplorevoli:
01. Aumenti a dismisura la produzione della plastica per i pezzi di ricambio nuovi.
02. In maniera direttamente proporzionale, aumenti la produzione di rifiuti solidi (non biodegradabili) sia per i pezzi sostituiti, che per quelli che in realtà funzionano ancora benissimo.
03. Fai pagare tutto questo a noi, non solo in termini di denaro.
P.E.S.S.I.M.O.
Veramente pessimo.
Sabato scorso qui a Roma manifestavo nella parte pacifica del corteo degli Indignados. Mi appare sempre più chiaro che manifestavo anche CONTRO di te, cara Apple. Contro le tue logiche di mercato, la tua politica imprenditoriale, la tua totale assenza di rispetto per l'ambiente.
sabato 15 ottobre 2011
Roma 15.10.11 • Indignados!
a.k.a. piccole RRRIOT GIRLS crescono...
... che, al di là dello scherzoso sottotitolo, non è successo SOLO quello che continuano a mostrare tutti i telegiornali. C'è stata anche UN'ALTRA manifestazione a Roma. Quella a cui - in tutta coscienza e responsabilità (tenendo gli occhi ben aperti, posizionandosi verso la coda del corteo) - si potevano portare le nostre bimbe di nemmeno tre anni, visto che la nostra indignazione riguarda soprattutto il loro futuro. Quella pacifica e multicolore delle foto che seguono:
... che, al di là dello scherzoso sottotitolo, non è successo SOLO quello che continuano a mostrare tutti i telegiornali. C'è stata anche UN'ALTRA manifestazione a Roma. Quella a cui - in tutta coscienza e responsabilità (tenendo gli occhi ben aperti, posizionandosi verso la coda del corteo) - si potevano portare le nostre bimbe di nemmeno tre anni, visto che la nostra indignazione riguarda soprattutto il loro futuro. Quella pacifica e multicolore delle foto che seguono:
giovedì 13 ottobre 2011
con Emergency alla Caffarella.
• clicca l'immagine per ingrandire
Doppio appuntamento con Emergency in zona appio/tuscolano, quest'anno.
Lo scorso maggio al Parco degli Acquedotti, domenica prossima al Parco della Caffarella (vedere locandina per programma & info).
Il meteo dice che sarà una bella giornata di sole, quindi organizzatevi a mo' di pic-nic e portate amici e bimbi di tutte le età :)
Insomma: noi siamo lì... vi aspettiamo!!!
martedì 11 ottobre 2011
domenica 9 ottobre 2011
giovedì 6 ottobre 2011
mercoledì 5 ottobre 2011
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