giovedì 28 aprile 2011

S.C.O.T.C.H.



Giunto al suo settimo album IN STUDIO, il nostro Silvestri nazionale aggiunge un nuovo importante tassello al puzzle del suo eclettico percorso artistico (e chi lo segue dal vivo, sa bene che la sua musica è proprio come un Lungo Viaggio, non solo metaforico) confezionando un disco tutt'altro che facile, in termini "commerciali".
Si, perché i detrattori che ancora lo considerano un semplice cantante da hit giudicandolo per quei (pochi) singoli che effettivamente scalarono le classifiche come "Salirò" o "La paranza", senza conoscere l'opera di Daniele Silvestri nel suo insieme (decontestualizzando cioè quei brani dalla valenza ironica che avevano nell'economia degli album in cui erano contenuti) stavolta non troveranno fianchi scoperti da colpire. Lo si era già capito chiaramente dalla sua esibizione live a "Vieni via con me" di Fazio e Saviano, con "Precario è il mondo" (che in questo album è ulteriormente arricchita dalle profonde rime di Raiz ex Almamegretta), così come da "Ma che discorsi", il primo singolo in onda alla radio da diverse settimane.

Che poi già dire "album in studio" non sarebbe del tutto corretto, quantomeno non nel senso classico con cui oggigiorno si registrano i dischi: "S.C.O.T.C.H." è infatti interamente registrato IN DIRETTA DAL VIVO, un po' come si faceva negli anni '70. Con un via vai di amici e ospiti che, passando in studio, hanno dato il loro contribuito.

L'album apre e chiude con voce e pianoforte: ci prende per mano all'ingresso con "Le navi" (un pezzo che, in termini di sapore, può addirittura ricordare Fossati) e ci riaccompagna all'uscita con "Questo paese" (con Stefano Bollani sui tasti); nel mezzo, un intero mondo raccontato con il solito acume di Daniele, una fotografia sociale e politica esaustiva e disincantata, tanto nella stesura attenta dei testi quanto nella ricercatezza strumentale e sonora.

Già nella seconda traccia - "Sornione" - Daniele è affiancato dall'amico Niccolò Fabi, per un brano solo all'apparenza leggero, nel quale si fondono alla perfezione le poetiche dei due autori romani: "A domandarti come stai / si corre sempre un certo rischio / il rischio che risponderai / e questo normalmente sai non è previsto / non è prevista l'onestà / e se ti guardi intorno mi darai ragione / e va di moda la sincerità / ma solo quando è urlata alla televisione"… Così come tutt'altro che scontato diventa anche un tema ricorrente come l'amore, se a raccontarlo è un pezzo come "Acqua stagnante" (un "punto di vista femminile, un rapporto d'amore fissato sul momento della resa", scrive Philopat al proposito).

Nei sessantuno minuti di questo percorso, c'è spazio per una parodia come "La chatta" (con lo stesso Gino Paoli che interviene sia al telefono che in alcune strofe). C'è spazio per la cover/omaggio di "Io non mi sento italiano" di Giorgio Gaber, che a più di dieci anni dalla sua scrittura è più attuale che mai, e che peraltro fa da collante alla traccia successiva: "Monito®", un pezzo potentemente rock, un'intrusione nella stanza di quel Presidente che vorrebbe "una penna disonesta" che firmi decreti al posto suo!
C'è il bravissimo Diego Mancino (che io stesso, diverso tempo fa, segnalavo come uno dei migliori artisti italiani del momento in questo post qui) in "Acqua che scorre". C'è la voce narrante di Andrea Camilleri in "Lo scotch" (con la partecipazione di Bunna degli Africa Unite e Peppe Servillo) che racconta di un uomo che torna in Sicilia sulla sua tomba, dato che - a causa di un errore - lo avevano dato per morto. C'è l'ombra di Paolo Borsellino che aleggia surreale in "L'appello". E c'è ancora tanto altro, se solo vorrete scoprirlo…

Un album che esprime a pieno la maturità stilistica di Daniele e di tutti i musicisti che oramai lo accompagnano abitualmente (i Soliti Noti); "S.C.O.T.C.H." è seguito e summa di tutti i dischi precedenti, la rappresentazione coerente di un artista che - fino ad oggi, se possibile - è sempre in crescita. Nel rigore della forma-canzone. Nella serietà delle riflessioni che ci propone. E - perché no? - anche nella leggerezza dei divertissement in cui ci coinvolge!

mercoledì 27 aprile 2011

sabato 16 aprile 2011

Francesca Romana.



Ho conosciuto Francesca Romana ancor prima di conoscerla.
L'ho disegnata.
Era una delle protagoniste di "Buona la prima", un progetto a fumetti (formato fanzine) ideato da Carlo Chericoni e Fabrizio Spinelli, nel quale io ero subentrato nei primissimi anni '90, prima del Massacratore, prima di Katzyvari, prima di tutto ciò che sarebbe venuto dopo.

Quasi dieci anni dopo la incontrai di persona.
Roma è piccola, dico sempre. La trovai in veste di caporedattrice alla Nexta.com, il network giornalistico per il quale io curai Videomusica.it e Blackmagazine.it.
Ci prendemmo subito bene, in termini di carattere, di ironia e di gusti (musicali, cinematografici, fumettistici). Diventammo amici, dentro e fuori la Nexta. Per un paio d'anni ci frequentammo tantissimo, passando insieme la maggior parte delle ore di una settimana, lavorando insieme, pranzando insieme, andando a ballare insieme. Un'amicizia trasparente, disinteressata, che con il tempo divenne anche COMPLICITA'. Tanto nelle mie cialtronate, quanto nelle sue contraddizioni, che si esprimevano fino ad un matrimonio al quale io ero presente, e qualcuno - che sarebbe dovuto esserci più di me - non c'era.

Vorrei poter dire che, in quei due anni insieme, l'ho anche "salvata" da un agguato professionale che le era stato teso. Ma non sono certo un eroe. Ed il mio impacciato tentativo di esserlo, non servì nè a lei (a tutelarla da certe decisioni) nè tantomeno a me (che pagai comunque il prezzo del mio schieramento).

Poi, nostro malgrado, ci siamo persi per strada.
E non basta certo essere "amici" su Facebook e farsi due chiacchiere in chat ogni sei mesi per poter dire di essere ancora realmente amici, al di là del bene che ci si può volere.
Sapevo cosa stava facendo, dove e con chi viveva, quanti figli aveva (nella piena espressione di una vocazione alla maternità davvero impensabile quando si cazzeggiava insieme!) ma - di fatto - il tratto di vita che avevamo percorso insieme era finito da un pezzo! Sarebbe così inutile, ora, sostenere quale invisibile rapporto ci legasse ancora, o trovare qualsiasi possibile giustificazione.

Da giovedì Francesca non c'è più.
Il punto è questo, solo questo.
C'è - è vero - per chi crede in una vita dopo la morte, nella ricompensa di un Paradiso, o per chi continuerà a ricordarla con affetto (se non con vero amore) facendola vivere per sempre nei propri ricordi.

Ma io non so davvero cosa pensare.
E la notizia della sua morte mi ha sconvolto.
Allora mi sforzo, e voglio davvero provare a pensarla in cielo. Che ci guarda dall'alto. E sorride benevola di tutti noi: tanto dei suoi carnefici, quanto dei suoi inutili eroi. E da lì, dall'alto, che protegge sempre i suoi bambini.

domenica 3 aprile 2011

Costa Calma, Fuerteventura.



Noi si va. Poi si torna, tranquilli ;)
Ci rivediamo il 12 aprile.
Tante buone cose.