giovedì 26 luglio 2012

KNN+BDR • 8th preview

Un'anteprima in tre colpi!!!



venerdì 20 luglio 2012

Un passo indietro.

Comicon + blog report = egotrip?

Ora tocca fare un passo indietro.
In fondo l'avevo anche annunciato, quando scrivevo “casomai ne parlerò direttamente con Claudio, quando si sarà meritatamente riposato”… anche se a questo punto il Comicon di Napoli (e questo mio post che suscitò più di una polemica) diventa SOLO UN PRETESTO per tornare a parlare di una mostra mercato di fumetti, di un malfunzionamento organizzativo certamente migliorabile, della percezione della figura del giornalista spesso così banalmente radicata – come stereotipo - nella gente comune.
Perché qui, oramai, non si tratta nemmeno più della prima testa di cazzo invasata che scatta automaticamente all'attacco non appena gli si tocca un giocattolo che neanche è il suo, o del commento di uno sconosciuto che però è piuttosto emblematico di un certo/diffuso modo di pensare. No, la questione va oltre. Perché se quel modo di pensare – o la percezione del pezzo scritto – poi ti arriva a mo' di feedback anche da altri autori, da gente che teoricamente ti è molto vicina, che ritieni colta e preparata in materia, di cui hai stima, che - per età e/o per esperienza - dovrebbe avere adeguati strumenti di lettura e analisi, allora c'è qualcosa che non va.

Forse proprio in chi scrive (quindi mi metto in discussione).
Forse in una visione comunque DISTORTA a monte, prerogativa di tutti gli ambienti in qualche modo “chiusi” alle realtà mediatiche che giocoforza li circondano, come per esempio la stampa (anche se in quella specializzata si dovrebbe avere maggiore fiducia).
Forse per mille altri motivi legati in qualche modo al livore - si può dire “livore”? - che un cattivo giornalismo (che poi sarebbe ben altro tipo di giornalismo) ha seminato in loro. Chissà.

La cosa comunque non sarà breve.
Quindi chiunque non sopporta i post troppo lunghi è pregato di passare oltre, di cambiare blog e (possibilmente) di non rompere i coglioni! Grazie.

Dunque: tanto per cominciare, ho bussato alla porta di altri tre giornalisti, chiedendo loro tempo e disponibilità su questi temi. Senza dare nulla per scontato, compresa la loro eventuale partecipazione. Come fosse un invito, un gioco, una provocazione. Bontà loro, all’appello hanno risposto tutti e tre: Riccardo Corbò (TG3 Rai), Diego Malara (“XL” di Repubblica) e Alessandro Di Nocera (Comicus.it, La Repubblica/Napoli).
Non è mia abitudine circondarmi di sgherri, leccaculo o guardaspalle per dare forza alle mie argomentazioni. Non mi piacciono quelle coorti accondiscendenti che ti danno sempre ragione (da cui tra l’altro bisognerebbe diffidare), quindi sappiate che non sono propriamente “amici miei” quelli che ho coinvolto. Buone conoscenze, forse si. Ma nemmeno tutte. Mi interessava piuttosto avere delle opinioni disinteressate da parte di alcuni professionisti, anche lì dove fossero state molto diverse dalla mia. Di Nocera, per esempio, storicamente è tutt'altro che un amico. Sempre gentile, siamo d’accordo, ma di certo una voce con cui raramente sono in sintonia. Quindi non potendo sapere a priori quali sarebbero state le loro risposte, potevo rischiare un effetto boomerang, poteva succedere di ritrovarmi con interventi antitetici al mio, no?
Questo per dire che qui si gioca onestamente, a carte scoperte, senza barare.

Allora diciamo che il commento che segue abbia dato il via al tutto (anche se non è stato così, vista la mole di mail, telefonate e chattate su Skype avvenute in quei giorni): “Mi chiedo dove stiano lo scandalo, l'ingiustizia e il dolo? Da quello che ho visto e capito nei vari report di siti e giornali, c'è stato un grosso afflusso di persone e quindi suppongo anche di addetti ai lavori. Quindi davvero non capisco perchè se un normale ragazzo come me - appassionato di comics e cosplayer - può fare una fila di ore pagando il proprio biglietto, non potete farla voi giornalisti, addetti ai lavori, amici degli amici? Fra l'altro voi il vostro accredito non lo pagate nemmeno e questo già di per sé è scandaloso (la Casta dei giornalisti scrocconi) e vi lamentate pure per la fila da fare o se qualcuno vi passa avanti perchè magari conosce l'organizzatore? Siete penosi.”

Che, letta così, può giusto far sorridere.
Ma se poi anche un Ottokin (per dirne uno che posso permettermi di citare) mi dice che - da lettore - anche per lui e per tanti altri il senso del pezzo era quello del “giornalista scroccone che fa parte di una Casta, che non vuole pagare il biglietto e si indigna pure se deve fare la fila”, allora ecco perché TORNO sull'argomento, ecco il senso di questo passo indietro.

• Che poi (apro la prima parentesi) la cosa paradossale/divertente, che in effetti nemmeno si capiva dal pezzo, è che io al Comicon AVEVO UN PASS DA AUTORE, non da giornalista! E già qui si potrebbero aprire un mucchio di derive. Che però non aprirò. Evidentemente ha ragione il buon Corbò quando mi dice “devi ammettere che eventuali critiche sono dovute - come tu stesso hai detto - alla tua non linearità nello scrivere il post. Metti in mezzo il giornalismo, quando avevi il pass da autore”… ed è davvero così, accidenti :(
Allora è un bene mettersi in discussione.
Chiusa parentesi.

Torniamo un po' a quel simpatico discorso sulla Casta.
Che esiste eccome, nel giornalismo italiano. Ci mancherebbe che negassi una cosa del genere. Ma su, ragazzi, ora parliamoci seriamente: la Casta a cui ci si riferisce abitualmente è ben altra cosa, e non riguarda assolutamente il giornalismo specializzato generalmente esercitato dai freelancer (tanto più quello sui fumetti, che conta meno di niente); è un luogo comune sin troppo diffuso pensare che - nel momento in cui entriamo anche solo nell’albo dei pubblicisti (un Ordine che peraltro il governo sembra voler cancellare) - diventiamo automaticamente parte di una Casta, anche scrivessimo sul giornalino parrocchiale!
La Casta a cui solitamente si allude in termini mediatici è ben altra: è quella di un Giornalismo (con la “G” maiuscola) a noi completamente estraneo, oltre che irraggiungibile, fatto di grandi testate quotidiane nazionali, poltrone, telegiornali e mega-inviati, contratti blindati in esclusiva, libri annuali in uscita a Natale per i maggiori colossi editoriali, premi letterari e quant'altro. Alla Bruno Vespa, per capirci.
E non s'è mai visto un giornalista che si occupa di musica o fumetti finire in giri, ambienti e salotti di quel genere! Tanto più quando si scrive su piccole testate (locali o meno), sul web o su supporti altamente specializzati, che spesso sono proprio l'antitesi di un certo tipo di stampa nazional-popolare.

Eppure è così facile trovare “scandaloso” – s.c.a.n.d.a.l.o.s.o?!? - non pagare un biglietto d'ingresso per una manifestazione alla quale si presume tu stia partecipando per scriverne (che per un giornalista significa lavorare) invece che voler leggere l’esternazione di un evidente disagio? Deve risultare sempre così comodo – se non addirittura malizioso - voler spostare l'attenzione dal vero obiettivo, vedendo il dito anziché la luna?

Se decido di passare il weekend a Gardaland con mia moglie e mia figlia, pago il biglietto e mi faccio tutta la fila che c'è da fare. Ma se vado a Lucca, Napoli o Roma con un accredito professionale (che NON E' un biglietto gratis) che peraltro mi è stato già confermato per mail, allora ripeto che NON DEVO FARE LA FILA insieme a chi sta acquistando il proprio ingresso!
E se come a Napoli si crea - seppur involontariamente - un disservizio di quelle proporzioni, HO TUTTO IL DIRITTO di scriverne, visto che ciò che faccio nella vita è proprio scrivere. Il fine – si, il fine! - non è il semplice sfogo egocentrico di una primadonna (che quelli li fanno già benissimo tanti altri) ma “denunciare”, fosse anche con eccessiva foga, qualcosa che DEVE essere migliorata nell'edizione successiva!
Ditemi, allora: dov’è esattamente il punto in cui questo semplicissimo concetto non si percepisce?

Non c'è nemmeno da incazzarsi, lo so bene.
A questo punto – come dicevo poco fa - preferisco sorriderne, visto che certe “critiche” mi sono giunte da autori e/o gente che NON FA NEMMENO PARTE dell'organizzazione, alla quale chiaramente si rivolgeva il mio post.
Mentre chi invece ne fa davvero parte - tipo il suo direttore Claudio Curcio, per dire? - poi mi scrive: “Caro Stefano, avevo letto il tuo pezzo, leggo nevroticamente tutti i pezzi dopo il Comicon, soprattutto quelli degli amici, perché so che le critiche che ci trovo sono quelle più utili a migliorare.  E sul tuo blog avevo notato, in mezzo ai complimenti (grazie) la tua critica alla situazione degli accrediti, per la quale avevi perfettamente ragione. La situazione ci è chiaramente sfuggita si mano, e una cosa che funzionava benissimo fino all'anno scorso è stata gestita davvero male! E sono d'accordo con te che passare gli accrediti sottobanco è stato anche peggio. A questo punto direi che il perché di questo problema, potrebbe essere oggetto di una chiacchierata di persona”.

Insomma, vedete un po' voi.
E in caso, anche non riusciste a vedere la pagliuzza nel mio occhio per la trave che è nel vostro, fatevene una ragione.

• Ma prima di passare la parola ai miei colleghi (ben più illustri del sottoscritto) apro la seconda parentesi: perché “noialtri giornalisti scrocconi” possiamo pure ricevere un accredito stampa per una fiera di fumetti, un concerto o per l'anteprima di un film, e possiamo pure ricevere le copie omaggio di un fumetto, di un libro o di un album, ma - deontologicamente parlando - ad OGNI accredito e/o copia omaggio dovrebbe poi risultare un ritorno, cioè il pezzo scritto: la recensione, il reportage, l'intervista o quant'altro. Solitamente rientra nei campi della promozione, della copertura, dell’informazione. Qualcosa che in teoria è gestita dagli uffici stampa di riferimento. Che se sanno realmente fare il loro lavoro (come noi sappiamo fare il nostro) con l'andare del tempo dovrebbero ACCORGERSI di quali siano esattamente i giornalisti sulle loro liste, con tanto di nome e cognome, che - nonostante accrediti e/o copie omaggio - poi non ne scrivono nulla, e quali invece siano quelli che producono un risultato in termini di ritorno. Che guarda caso, è proprio la base su cui - nel tempo - ci si costruisce la propria CREDIBILITA’, sapete?
Ecco il segreto dell’acqua calda.

Qualcuno, in realtà, arriva pure a criticare l’uso - anzi “l’esibizione” - del tesserino all’ingresso delle manifestazioni. È sempre e comunque preferibile la compilazione di una form con la richiesta accredito tramite il web, ovvio. O la cara vecchia mail, con la quale l’accredito ti viene confermato o meno. Ma se per Romics o per “Più Libri, più liberi” (tanto per fare un paio di esempi) non esiste suddetta form, e la cassa accrediti stessa ti chiede “in loco” il tesserino dell’Ordine per rilasciati il pass stampa lì sul momento, beh… allora la scelta è dell’organizzazione, non del giornalista! Visto che gli lascio il nome della testata per cui scrivo, i miei recapiti telefonici, la mia mail, il mio sito e/o blog, etc. sarà casomai loro premura vedere se ad ogni accredito concesso corrisponda un articolo, e casomai saranno loro a decidere di NON accreditarmi l’anno successivo. Ma è così difficile da afferrare?
Fine della seconda parentesi.

Allora, se torniamo a parlare delle PERCEZIONE della gente comune (o meglio, del pubblico pagante) mi chiedo: il giornalista che entra accreditato ad un fiera di fumetto – lo stesso che poi ne farà effettivamente un pezzo e/o un servizio - è solo un “giornalista scroccone” che appartiene ad una Casta?

Diego Malara mi risponde: “Rischio di sembrare borioso, lo so, ma credo che il fatto proprio non sussista. Come in ogni categoria professionale, anche tra i giornalisti esistono gli “scrocconi”, anzi credo che nella nostra categoria la percentuale sia persino più alta rispetto a molte altre. La differenza sta tutta nella premessa: se un giornalista è presente ad un evento perché deve produrre un servizio, allora sta lavorando. Ed è nel mutuo interesse dell'organizzazione dell'evento stesso (che ottiene copertura), del giornalista e della sua testata (che possono godere di una corsia preferenziale e contenere così i tempi morti) e degli utenti finali che leggeranno il pezzo (ai quali viene garantita un'informazione puntuale e tempestiva), che i giornalisti entrino con un accredito. Certo, c'è chi sbandiera il tesserino professionale ogni volta che si può ottenere un ingresso gratuito o una riduzione, ma parliamo appunto di un'altra categoria di individui. Quanto al discorso sulla “Casta”, credo che sia davvero poco applicabile a questo contesto. La Casta esiste, ma ad essa non appartengono di certo i giornalisti freelance che si accreditano per entrare al Comicon, né i blogger che coprono l'evento. Non credo che sia questo l'argomento centrale di questa discussione, quindi sul punto non mi dilungo. L'accusa in questo caso mi sembra più il frutto della frustrazione derivante da una situazione fastidiosa (e, ammettiamolo, non è mai piacevole vedere che l'ultimo arrivato “salta la fila”) più che da un ragionamento lucido.”

Alessandro Di Nocera mi risponde: “Nel caso delle mostre mercato del fumetto, l’idea dei giornalisti/collaboratori di testata/addetti ai lavori considerati come “Casta” fa semplicemente ridere. In pratica, se un visitatore “comune” pensa che l’essere “accreditati” a una mostra mercato del fumetto rappresenti automaticamente uno status symbol o una maniera di scroccare un biglietto omaggio a fronte di coloro che invece entrano a pagamento, beh, sbaglia di grosso.
Nel mio caso personale, oltre a curare i reportage del Napoli Comicon per l’edizione partenopea de “La Repubblica” (e in precedenza anche per Comicus.it) ho assistito gli organizzatori dell’evento anche in altre occasioni (presentazioni, dibattiti, ecc.) senza pretendere nessun compenso, ma per il semplice piacere di farlo, in quanto amici e persone perbene. In generale, invece, posso dire che quegli addetti ai lavori, quei giornalisti, quei collaboratori di testata che entrano accreditati creano quasi in automatico movimento e fermento mediatico intorno a una manifestazione (Napoli Comicon, Romics, Lucca). E quindi un ingresso accreditato rappresenta un’azione doverosa, di galateo, buon senso e astuzia da parte degli organizzatori.
C’è anche chi si lamenta che gli “accreditati” ottengono omaggi e sconti particolari dalle case editrici presenti e che anche questo rappresenterebbe uno “scrocco”. Altra stupidaggine: io personalmente ho ormai un nome e una credibilità tali che semplicemente parlando bene di un volume in un topic di un forum di discussione (nemmeno una recensione quindi) genero in automatico una decina di acquisti sicuri di quell’opera (empiricamente certificato). Senza contare il numero di volte in cui la posso citare e promuovere anche in pubblicazioni a tiratura medio-alta (sta capitando con “Maledetti Fumetti!” della Tunué, per esempio, libro che sto nominando in continuazione sul “Superman” della Mondadori). In generale, poi, un editore SA a chi deve fare omaggio di un’opera. Il visitatore “comune” guarda, però, tutto questo dall’esterno e non comprende, riducendo il tutto a un: “E lui chi è più di me?”. Risposta: “Semplicemente uno che in quell’ambiente non rappresenta un semplice fruitore, ma una persona che quell’ambiente è capace di movimentarlo e legittimarlo”.
Tra l’altro, tornando allo specifico, io la fila di un’ora e mezza non potevo farla perché soltanto mezz’ora dopo il mio arrivo davanti alla biglietteria ero atteso per moderare ben due conferenze attaccate l’una all’altra. I fratelli Cestaro non potevano farla perché dovevano andare a disegnare allo stand Bonelli. Paolo Eleuteri Serpieri non poteva farla perché era un ospite. TU Stefano Piccoli non potevi farla perché sei un addetto ai lavori e sul Napoli Comicon avresti curato un reportage per il tuo blog dando visibilità all’evento.  Eccetera.
Quello del ritiro degli accrediti ha rappresentato DAVVERO un problema che correva il rischio di bloccare non solo eventi, ma anche la credibilità del Napoli Comicon. Un problema che sicuramente i validi organizzatori provvederanno a risolvere l’anno prossimo e che non ha NULLA a che fare con le file sostenute invece dai “normali” visitatori”.

Riccardo Corbò sceglie invece un'altra strada. Non risponde direttamente alle mie domande, ma dribbla la questione buttandola in caciara: “Io sono assunto alla Rai, mi sono messo una sedia massaggiante alla mia scrivania, lavoro al TG3, mi ci inviano diverse volte al giorno, ho il contratto blindato, quando sono sceso a Napoli ho mangiato un paio di sere a scrocco alle spalle del Comicon, in due eventi che non ho ben capito cosa fossero (ma si mangiava gratis prima) mi sono pure rubato due bottiglie di vino che alla fine del Comicon ho consegnato a Ratigher come premio popolare anti-Micheluzzi, mi sono fatto regalare il catalogo della manifestazione e pure quello su Castelli, non ho fatto la fila per il disegno di Finch e ho pure guardato, nella serata a Castel Sant'Elmo, un paio di volte il sedere a Noemi! Quindi so che quando scoppierà la Rivoluzione, sarò uno dei primi che andranno a prendere a casa per impiccarlo per gli alluci. Ma so anche che me lo merito, quindi renderò in pace l'anima a Odino.”

Va da sé che gioca con il suo stesso “ruolo” giornalistico in bilico tra il privilegiato e l’imbucato, strappa una risata fingendo di cazzeggiare (tutt’altro che ingenuamente, conoscendo egli assai bene il peso dell’ironia) però poi alla fine della fiera, su Napoli e da Napoli ha fatto circa 35 pezzi con video e foto, dei quali un paio - oltre che sul sito del TG3 - sono andati anche in TV al GT Ragazzi!!!
E volendo potete trovare tutto QUI

Tornando invece alle critiche mosse, è dunque LECITO poter lamentare un disservizio da parte di chi - suo malgrado - è rimasto “intrappolato” in una situazione assurda come quella creatasi al Comicon o alla fine quello che ne esce (per chi poi legge) si riduce solamente ad uno sterile “elogio del giornalista che ha diritto di entrare senza fare la fila fregandosene del pubblico pagante che invece quella fila se le deve fare tutta”? E qual'è - se c'è - il limite delle cose che possiamo legittimamente scrivere o non scrivere, senza risultare immediatamente una categoria scroccona e privilegiata?

Diego Malara: “È più che lecito lamentare il disservizio, che in questo caso era legato alla gestione dei flussi attraverso i cancelli di accesso e solo marginalmente aveva a che fare con i giornalisti in fila (analoghe situazioni si sono verificate in passato anche a Roma). Diciamo che questo è un po' un caso limite e questo ci porta alla seconda parte di questa domanda: per come la vedo io, in buona fede si può dire tutto. Ma essere in buona fede, quando si fa informazione significa innanzitutto non omettere nessun dettaglio dei fatti e non perdere mai di vista l'obiettivo per cui ci si trova in una determinata situazione: informare. Riportando il tutto alla questione di cui si parla, visto che il tempo a disposizione è spesso il peggior nemico di un giornalista, è impensabile trascorrere un'ora e mezza in coda per poter accedere a “un'area di lavoro”. Ripeto: il giornalista “in servizio” per me ha gli stessi diritti di un editore, un autore o un espositore, perché offre un contributo professionale di cui tutti possono beneficiare. D'altra parte però la linea che divide la “denuncia di disservizio” da un attacco all'organizzazione basato su moventi puramente personali è molto sottile. E la discriminante è, come dicevo all'inizio, la buona fede di chi scrive.”

Eh già, la buona fede ;)

Alessandro Di Nocera: “Un addetto ai lavori, giornalista, collaboratore di testata chiamato a OPERARE in vari modi all’interno o all’esterno di una manifestazione, semplicemente NON PUO’ sostenere una fila di un’ora e mezza per il ritiro degli accrediti. Perché è deleterio innanzitutto per la manifestazione. Se mi blocchi i fratelli Cestaro, Stefano Piccoli ed Eleuteri Serpieri e - perché no? - Alessandro Di Nocera che deve andare a moderare due incontri in programma (per un’ora e mezza, sotto il sole, FUORI ai cancelli di una manifestazione) vuol dire che l’organizzazione è fallimentare. Sta bloccando persone che creano movimento mediatico e culturale intorno a quella manifestazione. Punto. E se qualcuno pensa che questi “accreditati” compongano una categoria “scroccona e privilegiata”, allora non ha il senso del ridicolo e della misura.”

Credo sia tutto.
Non mi rimane che ringraziare Diego, Alessandro e Riccardo per la loro disponibilità. E chiedere venia – mea culpa! - a tutti coloro che pagando un biglietto e facendosi pure la fila, possano essersi sentiti offesi e/o sminuiti in qualunque modo da alcune mie parole così saccenti, che probabilmente erano state espresse in maniera caotica, risultando scritte da un giornalista che però era accreditato come artista!
Perdonatemi quindi, anche lì dove possa essere stato eccessivamente polemico, se il senso del mio pezzo (scritto in buona fede, Diego?) era segnalare un problema “vergognoso” con il solo scopo di MIGLIORARLO in futuro, affinché queste cose non accadano più a me come a chiunque altro.
Cose che peraltro alla fine ci riguardano un po' tutti, in termini di servizio e qualità del nostro lavoro.

Ma arrivati a questo punto, credo che l’unico che possa ancora aggiungere qualcosa al riguardo - avendone tutto il sacrosanto diritto - sia solo Claudio Curcio, che (con affetto e stima) invito ad intervenire nuovamente. Sempre che lo ritenga necessario, beninteso.
Io, stavolta, ho davvero finito.

martedì 10 luglio 2012

KNN+BDR • 7th preview

• bozzetto

• acquarello/tempera

• tavola definitiva (forse)

venerdì 6 luglio 2012

T.U.


Terradunione: "T.U."
RBL Music / Edel (2012).

"Immerso nella musica tra asfalto e antenne, notte fonda a Roma d'estate ribolle"…
E' così che si apre "T.U." - con "Musica nell'aria" - scaraventandoci da subito nel sound avvolgente dei Terradunione, in un'atmosfera che non potrebbe essere più torrida di questa estate romana (dove il senso di appartenenza è immediato), attraverso il caldo abbraccio del reggae, anche se le accelerazioni elettroniche di questo pezzo sfiorano quasi la drum'n'bass.

Primo album per questo "collettivo" eclettico ed eterogeneo, in cui - come percorsi ad un crocevia - convergono le singole esperienze dei nove componenti, tra i quali spiccano Angelo MC SHARK Patuano, Emiliano WUFER Menichetti e Giampietro JUMP Pica. Percorsi che li portano qui, ora, dai Mamaculura, dalle Nuove Tribù Zulu (e se vi va, sentitevi anche questa), dai palchi delle jam e dei più importanti eventi reggae italiani suonando accanto a Reggae National Tickets, Sud Sound System, Folkabbestia, Villa Ada Posse, Bandabardò, Radici nel Cemento e tanti altri.

Dopo "Musica nell'aria", segue la coinvolgente "Mia" che - se nei primi quarantacinque secondi sembra proiettarci dritti dritti dentro a "Un sole che brucia" degli Africa Unite (era il 1995) - subito dopo si trasforma in una grande canzone d'amore scritta/rappata da MC Shark, che attinge a piene mani dal proprio personale.

Ecco, ora io due parole su Shark non posso non dirle.
Perché oramai lo conosco da più di dieci anni (anche lui - per dire - per un certo periodo aveva una sua rubrica fissa dentro a "BIZ Hip Hop Magazine"), perché è davvero un pioniere della old school italiana dai tempi della Devastatin' Posse e anche prima, perché ha aperto concerti a gente come RUN DMC, Public Enemy, EPMD e Ice T (ma anche al Wu Tang Clan), perché girava a NYC con Afrika Bambaataa e i b.boys della Tommy Boy, al Regio di Torino con Next One e a Piazza Colonna qui a Roma con Crash Kid, perché l'ho visto solcare tanti di quei palchi e di quei microfoni - da navigato Maestro di Cerimonia - che non ce la facevo più a sentirlo dire "Ora esce il mio disco" mentre anno dopo anno altri rappers dell'ultima ora buttavano via soldi negli studi di registrazione e intasavano di inutili strofe i solchi di inutili dischi!!!
Volevo sentirlo nel mio lettore, Angelo.
Volevo sentire COSA avesse da dire, dopo tutto questo tempo. E anche COME volesse dirlo. Ora, finalmente, lo ha fatto. Nel modo migliore in cui potesse farlo, secondo me. Cioè con un vero progetto alle sue spalle, una vera band al suo fianco, un vero tessuto sonoro fatto di strumenti (e talento) sul quale potersi esprimere. E anche lì dove non arriva in tecniche metriche o flow - rappando sostanzialmente in quattro quarti - compensa più che adeguatamente con i contenuti, le parole, la scelta sempre attenta di termini e concetti (a questo proposito, ascoltatevi ad esempio la ghost track finale e poi ne riparliamo). Si, i contenuti, che non a caso sembrano essere prerogativa esclusiva della "vecchia scuola". Ma tant'è. Poterlo ascoltare - oggi - mentre guido, poterlo vedere dal vivo sul palco insieme a questo gruppo, è un piacere davvero enorme.

Torniamo al disco, però.
Dicevamo suono assai eclettico.
Si, perché se è vero che è il reggae la matrice dell'intero lavoro, è altrettanto vero che i Terradunione spaziano con grande leggerezza tra i generi. Allora procedendo nell'ascolto non dovranno stupirvi le timbriche hip hop di "Note immobili" (con delle splendide rime di Indo from Junglabeat "rap scratch beatbox knowledge" a rendere il pezzo ancor più potente) o il vero e proprio dub del primo minuto e venti di "Terra", così come il super-funk di "Possibili variabili", fino alle suggestioni world di "Ecce homo". Che sia reggae o meno, ad impreziosire refrain, cori e quant'altro, le belle voci soulegganti di Aleina D e Simply Momy.
Tra tutte, sicuramente da segnalare anche "La Nostra Cosa" (e che sia: "No, mai! Non sono mai pieni, no mai!"), poi "Sogni" feat. Zu' Luciano (come un cerchio che si chiude?), "Silenzi" (il primo momento in cui il ritmo rallenta un po') e "Padrone", davvero valida sia nel testo che nelle sue variazioni di beat e musica.

Insomma, in cinquanta minuti di ascolto si passa senza soluzione di continuità dalla dancehall più spensierata (andateli a vedere dal vivo e non riuscirete a stare fermi) a testi "colti" con tematiche umanistiche e sociali. Forse - e dico forse! - quello che manca ancora al progetto è un'identità sonora maggiormente riconoscibile, il cosiddetto marchio di fabbrica… ma se "T.U." è solo l'inizio, figuriamoci cosa possiamo aspettarci in futuro!
Anche perché non è delle loro capacità strumentali o compositive che parlo. Quelle ci sono già tutte, e si sente. Non solo: l'intero album è registrato/mixato benissimo, ha un suono pieno e assai pulito. Ascoltarlo è un vero piacere. E io continuo a farlo.

"Propaganda sfama e cura Babilonia! Carta, TV o radio poco importa, basta che il bersaglio sia la testa di chi ascolta"...