giovedì 21 giugno 2012
Boomerang.
Daniel Mendoza: "Boomerang"
Streel Label Records (2012).
Io l'ho visto, Daniel Mendoza.
L'ho visto veramente da pischello, a quella che forse è stata la sua prima intervista in una birreria romana fuori Raccordo, quando la sua crew si chiamava ancora Homiez & Money. Con la quale, poi, per un certo periodo ha pure curato la sezione news & underground dentro "BIZ - Hip Hop Magazine". L'ho visto impegnarsi, incaponirsi, crederci fino in fondo. L'ho visto riunire 101 mc's per ben due volte, un lavoro veramente da pazzi. L'ho visto sfornare CD e mixtapes, che dopo un po' perdevo il conto delle sue produzioni. L'ho visto fondare Gli Inquilini con Maya Florez, Lord Madness, il Profeta Matto, Kento e altri. L'ho visto coinvolgere persone, scazzare con persone, allearsi con altre persone, mandare a 'fanculo altre persone (robe all'ordine del giorno, in una scena spesso FALSATA da simpatie, antipatie, invidie e rivalità). L'ho visto autoprodursi e l'ho visto firmare con una label VERA. L'ho visto dal vivo, ai concerti, alle jam. L'ho visto dividere/condividere il palco con Piotta e i Cor Veleno. Ma anche un remix con gli Assalti. L'ho accompagnato a suonare al Festival di Sanremo, a Prato, a Rimini. L'ho visto trionfante dopo una bella performance e l'ho anche visto incazzato nero dopo uno show che sentiva non essere andato per il verso giusto, rimuginandoci una notte intera chiuso dentro al pullmino insieme al resto della band. L'ho visto organizzare una manifestazione importante durata diversi anni, diventata un vero e proprio brand per altre serate e altri contest, poi anche un giornale che portava lo stesso nome (sul quale, per contrappasso, ci ho anche collaborato un paio di volte). L'ho visto sbroccare per questi progetti, ma poi crederci ancora, anche quando chi gli stava accanto non ci credeva più. L'ho intervistato almeno altre due volte, lungo tutto questo arco di tempo. L'ho visto circondarsi di gente valida e di gente meno valida. L'ho visto a volte arrogante, anche a rischio di mettere gli altri nei guai, e altre volte allo stremo, perché magari i guai li stava passando lui. L'ho visto aprire e chiudere un locale, un sogno, uno studio di registrazione. L'ho visto crescere giorno dopo giorno, anno dopo anno. L'ho visto maturare, anche attraverso le sue presunzioni, i suoi stessi errori. Quindi anche sbagliando, come chiunque. L'ho visto cadere e rialzarsi, imparando da quegli errori, rimettendosi in discussione e in gioco. L'ho visto odiare ed amare.
Ed è proprio questo il punto: L'AMORE.
Perché TUTTO ciò che ha fatto Daniel Mendoza fino ad oggi - sia chiaro per tutti: nel bene e nel male! - lo ha fatto per amore I.N.C.O.N.D.I.Z.I.O.N.A.T.O verso il rap e l'hip hop!!! Un amore quasi a senso unico, perché il rap non la ha certo reso ricco e famoso, così come non lo ha neppure mai assoggettato.
Non posso che ammirare questa sua coerenza così pasionaria, per certi aspetti così distante dalla mia, per molti altri MIGLIORE della mia, soprattutto verso l'hip hop.
Che non a caso - per usare un termine coniato proprio da loro - sto vivendo un periodo decisamente antirapper!!! ;)
Un amore vero - questo di cui vi scrivo - che oggi l'ha portato a "Boomerang", il suo primo album da solista.
Che prima di tutto è un progetto concreto, dal suono piacevolmente "classico" (meno sperimentale rispetto a certe sonorità tentate proprio con Gli Inquilini) e comunque ben solido, nonostante le produzioni siano affidate a tanti nomi diversi (Daniel di propria mano ne firma solo due su quattordici). Ma non è delle basi che ora voglio parlare, così come dei numerosi ospiti che con le loro rime vanno ad impreziosire le singole tracce (parlo del Profeta Matto, Tony Mancino, Kenzie Kenzei, Flake, King Stewee, Keco, Frammento e Biggie Mic).
Perché è sopratutto nei testi che ho sempre riscontrato il vero spessore di Daniel come rapper (in tecnica) e come lucido narratore del mondo che ci circonda, tanto nelle sue bellezze quanto nelle sue amarezze. Si, lucidità e - purtroppo - spesso anche una certa dose di cinismo, che al giorno d'oggi sembra risultare l'unica arma di difesa che ci rimane per fotografare ed analizzare con più oggettività possibile la società in cui viviamo.
Allora se già i primi due singoli estratti dall'album mi avevano intrigato (parlo di "L'arte di adattarsi" e soprattutto dell'incisiva "L'Italia non è") è proprio con questo terzo "Yellow Rose" che Daniel mi ha convinto a pieno. Perché è forse la prima volta che lo sento scrivere qualcosa di così profondo e introspettivo, mettendo da parte certe "boriosità" tipiche del rap e dei rappers.
Quando dico che è cresciuto, intendo proprio grazie a cose del genere. Significa avere il coraggio di "mostrare il fianco", esporsi maggiormente alle possibili critiche, ma al contempo dimostrare più consapevolezza e sicurezza nelle proprie capacità (le cosiddette skills) e nel proprio modo di porsi agli altri.
Pezzo dopo pezzo Daniel affronta con serietà (e - perché no? - anche con un certo soul) molti temi: la discografia italiana, la precarietà del lavoro, la politica, senza escludersi la possibilità di concentrarsi anche su passioni assai personali. L'ascolto è certamente impegnativo, ma se ne percepisce un senso di completezza.
Noto che il meglio di sè, gli ex Inquilini lo stanno dando proprio con i singoli progetti personali. Probabilmente l'esperienza di quel collettivo è servita a tutti per confrontarsi, migliorasi e capire maggiormente le rispettive individualità (come persone e come autori); dopo "Sacco o Vanzetti" di Kento, è già la seconda volta che un album a solo mi convince di più - nel suo insieme - di quanto non abbiano fatto i dischi precedenti.
Potrei citare altre belle tracce come "Non ti perdi un granché", "Un nuovo patto d'amore" (per l'appunto), "Indie revolution" o "Trentadue perché" ma allungherei eccessivamente un post già troppo lungo. Prefersico quindi chiudere sul senso del titolo - cioè "Boomerang" (dove “sarò più forte delle critiche cattive, o delle chiacchiere preventive, vi lego al palo e vi guardo da dietro, perché boomerang sta tornando indietro”) - perché se tutto davvero ci torna indietro come un calcio sulle gengive, se nel nostro cammino sia come uomini che come artisti possiamo seminare male o bene, a questo punto a Daniel Mendoza non può che tornare indietro solo il bene.
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1 commento:
daniel mendoza è un vero rapper di razza e la tua emozionante recensione al suo disco non fa che rendergli giustizia. bisognerebbe averne molta di più di gente come lui nella scena italiana.
silvia.
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