Terradunione: "T.U."
RBL Music / Edel (2012).
"Immerso nella musica tra asfalto e antenne, notte fonda a Roma d'estate ribolle"…E' così che si apre "T.U." - con "Musica nell'aria" - scaraventandoci da subito nel sound avvolgente dei Terradunione, in un'atmosfera che non potrebbe essere più torrida di questa estate romana (dove il senso di appartenenza è immediato), attraverso il caldo abbraccio del reggae, anche se le accelerazioni elettroniche di questo pezzo sfiorano quasi la drum'n'bass.
Primo album per questo "collettivo" eclettico ed eterogeneo, in cui - come percorsi ad un crocevia - convergono le singole esperienze dei nove componenti, tra i quali spiccano Angelo MC SHARK Patuano, Emiliano WUFER Menichetti e Giampietro JUMP Pica. Percorsi che li portano qui, ora, dai Mamaculura, dalle Nuove Tribù Zulu (e se vi va, sentitevi anche questa), dai palchi delle jam e dei più importanti eventi reggae italiani suonando accanto a Reggae National Tickets, Sud Sound System, Folkabbestia, Villa Ada Posse, Bandabardò, Radici nel Cemento e tanti altri.
Dopo "Musica nell'aria", segue la coinvolgente "Mia" che - se nei primi quarantacinque secondi sembra proiettarci dritti dritti dentro a "Un sole che brucia" degli Africa Unite (era il 1995) - subito dopo si trasforma in una grande canzone d'amore scritta/rappata da MC Shark, che attinge a piene mani dal proprio personale.
Ecco, ora io due parole su Shark non posso non dirle.
Perché oramai lo conosco da più di dieci anni (anche lui - per dire - per un certo periodo aveva una sua rubrica fissa dentro a "BIZ Hip Hop Magazine"), perché è davvero un pioniere della old school italiana dai tempi della Devastatin' Posse e anche prima, perché ha aperto concerti a gente come RUN DMC, Public Enemy, EPMD e Ice T (ma anche al Wu Tang Clan), perché girava a NYC con Afrika Bambaataa e i b.boys della Tommy Boy, al Regio di Torino con Next One e a Piazza Colonna qui a Roma con Crash Kid, perché l'ho visto solcare tanti di quei palchi e di quei microfoni - da navigato Maestro di Cerimonia - che non ce la facevo più a sentirlo dire "Ora esce il mio disco" mentre anno dopo anno altri rappers dell'ultima ora buttavano via soldi negli studi di registrazione e intasavano di inutili strofe i solchi di inutili dischi!!!
Volevo sentirlo nel mio lettore, Angelo.
Volevo sentire COSA avesse da dire, dopo tutto questo tempo. E anche COME volesse dirlo. Ora, finalmente, lo ha fatto. Nel modo migliore in cui potesse farlo, secondo me. Cioè con un vero progetto alle sue spalle, una vera band al suo fianco, un vero tessuto sonoro fatto di strumenti (e talento) sul quale potersi esprimere. E anche lì dove non arriva in tecniche metriche o flow - rappando sostanzialmente in quattro quarti - compensa più che adeguatamente con i contenuti, le parole, la scelta sempre attenta di termini e concetti (a questo proposito, ascoltatevi ad esempio la ghost track finale e poi ne riparliamo). Si, i contenuti, che non a caso sembrano essere prerogativa esclusiva della "vecchia scuola". Ma tant'è. Poterlo ascoltare - oggi - mentre guido, poterlo vedere dal vivo sul palco insieme a questo gruppo, è un piacere davvero enorme.
Torniamo al disco, però.
Dicevamo suono assai eclettico.
Si, perché se è vero che è il reggae la matrice dell'intero lavoro, è altrettanto vero che i Terradunione spaziano con grande leggerezza tra i generi. Allora procedendo nell'ascolto non dovranno stupirvi le timbriche hip hop di "Note immobili" (con delle splendide rime di Indo from Junglabeat "rap scratch beatbox knowledge" a rendere il pezzo ancor più potente) o il vero e proprio dub del primo minuto e venti di "Terra", così come il super-funk di "Possibili variabili", fino alle suggestioni world di "Ecce homo". Che sia reggae o meno, ad impreziosire refrain, cori e quant'altro, le belle voci soulegganti di Aleina D e Simply Momy.
Tra tutte, sicuramente da segnalare anche "La Nostra Cosa" (e che sia: "No, mai! Non sono mai pieni, no mai!"), poi "Sogni" feat. Zu' Luciano (come un cerchio che si chiude?), "Silenzi" (il primo momento in cui il ritmo rallenta un po') e "Padrone", davvero valida sia nel testo che nelle sue variazioni di beat e musica.
Insomma, in cinquanta minuti di ascolto si passa senza soluzione di continuità dalla dancehall più spensierata (andateli a vedere dal vivo e non riuscirete a stare fermi) a testi "colti" con tematiche umanistiche e sociali. Forse - e dico forse! - quello che manca ancora al progetto è un'identità sonora maggiormente riconoscibile, il cosiddetto marchio di fabbrica… ma se "T.U." è solo l'inizio, figuriamoci cosa possiamo aspettarci in futuro!
Anche perché non è delle loro capacità strumentali o compositive che parlo. Quelle ci sono già tutte, e si sente. Non solo: l'intero album è registrato/mixato benissimo, ha un suono pieno e assai pulito. Ascoltarlo è un vero piacere. E io continuo a farlo.
"Propaganda sfama e cura Babilonia! Carta, TV o radio poco importa, basta che il bersaglio sia la testa di chi ascolta"...
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